laRegione

Quali Terme vogliamo?

-

Assolvo in toto la posizione che poggia sugli argomenti di Piero Ferrari (Regione, 5.4.18). Ma... siccome l’esistenza reale della valle con le sue peculiarit­à identitari­e pone certi problemi, ecco che mi sorgono alcuni interrogat­ivi. Uno che li riassume è questo: quale realismo si è disposti ad affrontare nella dipendenza di fatto da un investitor­e, al singolare o al plurale, che “nostro” non è? Con ciò intendo dire – come dice anche Piero – che questo soggetto finanziari­o non può essere vallerano, non ticinese e forse nemmeno svizzero (il denaro è nel mondo e del mondo). Perché va bene la volontà che “le Terme non sono merce di scambio per funamboli e illusionis­ti”, ma il discorso è, per l’appunto, quale scambio? Cioè quali condizioni (del tutto esterne alla propria identità e cultura) si è disposti ad accettare? È possibile che i bleniesi si mettano al tavolo con un interlocut­ore e lascino da parte il residuo (vivente nel linguaggio di Piero) di sentimenti rancorosi? E vada anche l’esempio del contadino che prende la volpe e mantiene la vita dell’azienda fino alla morte. Ma a cosa serve tanta saggezza, se lui non si accorge che il divenire materiale in corso potrebbe spazzare via la possibilit­à dei figli di continuare la stessa avventura agraria? E ancora: un mito che si sta lentamente sgretoland­o è l’incontamin­atezza della valle. Gli investitor­i guardano ai fini aziendali, ma se hanno occhi aperti avranno visto che i valori paesaggist­ici bleniesi non sono superiori a quelli di molte località dell’arco alpino: non sono poi così eccezional­i! Io girovago tre volte all’anno nei Grigioni (coi quali ho un legame affettivo) e assicuro i vallerani che tante (non tutte) soluzioni di compromess­o tra conservazi­one e innovazion­e fanno riflettere. Scambio è incontro di due idee.

Roberto Kufahl, Torre

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland