Si indaga sul predicatore di Bienne
Discriminazione razziale è l’ipotesi di reato a carico di Abu Ramadan
Berna – La Procura del Giura berneseSeeland ha aperto un procedimento penale contro Abu Ramadan, il controverso predicatore della moschea Ar’Rahman di Bienne accusato da alcuni media di essere un predicatore d’odio. Il procedimento è stato avviato il 20 marzo 2018 e il reato ipotizzato è quello di discriminazione razziale, ha indicato all’Ats il portavoce della Procura generale bernese Christof Scheurer, confermando informazioni della ‘Nzz am Sonntag’. L’apertura del procedimento fa seguito a una indagine preliminare nel corso della quale è stata tradotta una predica tenuta da Abu Ramadan che aveva attirato l’attenzione, nell’agosto 2017, dei quotidiani ‘Tages-Anzeiger’ e ‘Der Bund’, come pure della tv svizzerotedesca Srf.
Secondo questi media, l’allora 64enne libico, un agronomo disoccupato a carico dell’Assistenza sociale – avrebbe incassato a Nidau presso Bienne dove vive circa 600mila franchi tra il 2004 e il 2017 senza mai lavorare –, si sarebbe così espresso durante una preghiera del venerdì nella moschea biennese: “Oh Allah, ti prego di annientare i nemici della nostra religione, gli ebrei, i cristiani e gli indù, i russi e gli sciiti”. L’interessato ha tuttavia contestato tale versione, non esitando a definire il traduttore un “bugiardo”. La traduzione è stata subito contestata anche dal Consiglio centrale islamico della Svizzera (Ccis), secondo il quale i media avrebbero male interpretato un verbo arabo usato da Abu Ramadan nella sua invocazione ad Allah.
La Procura dovrebbe ora chiarire come siano da interpretare e capire nel contesto dell’Islam le parole del predicatore e se contravvengano all’articolo 261bis del Codice penale. Questo punisce con una pena detentiva fino a tre anni o pecuniaria “chiunque incita pubblicamente all’odio o alla discriminazione contro una persona o un gruppo di persone per la loro razza, etnia o religione”.
Abu Ramadan ha nel frattempo perso il diritto di asilo e lo status di rifugiato in Svizzera che aveva ottenuto nel 1998. L’uomo, che dispone ancora di un permesso C di domicilio, è infatti in possesso di un passaporto libico e dal 2013 si è recato nel Paese nordafricano dodici volte, ha rilevato il Tribunale amministrativo federale (Taf) in una sentenza dello scorso settembre, in cui confermava una decisione della Sem dello scorso luglio.