Il defibrillatore arriva dal cielo
Al progetto la Fondazione sta lavorando da due anni. Si vorrebbero raggiungere le zone discoste del cantone, in una prima fase seguendo rotte fisse.
«La tecnologia oggi potrebbe permettere l’utilizzo sicuro di un drone anche senza pilota». Perciò non resta che attendere il parere dell’Ufficio federale dell’aviazione civile (Ufac), che per ora vieta il volo a questi “mini aerei”. «L’Ufac ha seguito il nostro progetto fin dall’inizio e ora dovrà valutarne le conclusioni». Conclusioni che hanno però già convinto la Fondazione Ticino Cuore: l’uso del “drone ambulanza” per raggiungere le zone discoste del Canton Ticino sarebbe fattibile, oltre che auspicabile. «Noi siamo pronti – spiega alla ‘Regione’ Claudio Benvenuti, direttore della Fondazione –. Con questo però non voglio creare false aspettative: non è un progetto che può concretizzarsi dall’oggi al domani. Anche se sulla carta c’è già tutto, rimane comunque molto complesso». Ma se l’Ufac, ed è ciò che auspica Ticino Cuore, dovesse dare l’avallo, allora la Fondazione sarebbe pronta a far alzare in volo sei droni, capaci di coprire tutto il territorio cantonale in sei minuti al massimo. «Capisco le riserve espresse dall’Ufac fino ad oggi – riprende Benvenuti –. È chiaro che un apparecchio senza pilota capace di sfrecciare a 140 chilometri l’ora può apparire più come un nuovo rischio che uno strumento di soccorso. La tecnologia di questi mezzi, però, grazie a radar, termocamere, sensori eccetera, è sicura. Lavoriamo a questo progetto da due anni e i nostri test hanno dato risultati più che soddisfacenti». Tanto che si stanno assemblando gli apparecchi, perché dal punto di vista dello sviluppo il dossier è concluso. Si tratta del resto di mezzi già in commercio, poi adattati a ciò che serve a Ticino Cuore: trasportare defibrillatori nelle zone discoste del territorio, affinché si riesca ad essere il più possibili capillari con la rete dei soccorritori che, peraltro, continua a crescere. «Sì, in una prima fase si tratterebbe in pratica di avere delle rotte fisse integrate nella rete dei ‘First Responder’. Una sorta di ‘rendez-vous’ tra il soccorritore e il drone che gli recapita il defibrillatore». Recentemente questa “rete” ha superato le tremila unità: significa in pratica che in caso di arresto cardiaco il 144 avvisa tremila persone formate nella rianimazione indicando il luogo dell’intervento e i minuti necessari all’ambulanza per arrivare sul posto. Se un ‘First Responder’ può raggiungere il paziente in minor tempo, risponde alla chiamata attivandosi immediatamente. Possono contare sulla presenza di oltre 950 defibrillatori, di cui oltre 150 di pubblico accesso. Il drone potrebbe aiutare a portare questi mezzi fuori dalle aree urbane: lì si contano una decina di casi all’anno. «Sì, siamo su quelle cifre – riprende Benvenuti –. Comunque è chiaro che in prospettiva un progetto simile può diventare interessante anche per altri interventi, ad esempio quelli in caso di choc anafilattico». Tant’è che alla soluzione del drone guarda con molto interesse anche la Rega: non sempre gli elicotteri possono raggiungere chi è in difficoltà, sia per il meteo sia perché in luoghi difficilmente raggiungibili.