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‘Noi ci basiamo su dati oggettivi’

A maggio l’assemblea. Bossalini: sì a una base legale per le bodycam, ma l’uso dovrebbe essere facoltativ­o.

- Di Andrea Manna

La proposta del Dipartimen­to istituzion­i, sottoscrit­ta dai municipali titolari dei dicasteri sicurezza dei Comuni polo, cui fanno capo le sette regioni di polizia comunale nelle quali la legge ha suddiviso il Ticino, non convince tutti. Non piace per esempio all’Apcti, l’Associazio­ne delle polizie comunali ticinesi. E quello del numero minimo di agenti perché una polizia comunale possa definirsi strutturat­a sarà uno temi al centro della relazione che il presidente Dimitri Bossalini terrà in occasione dell’assemblea 2018 convocata per il 16 maggio. «Il Dipartimen­to suggerisce venticinqu­e poliziotti più il comandante; la maggioranz­a del gruppo di lavoro ‘Polizia ticinese’, designato a suo tempo dal governo, venti più il comandante; la nostra associazio­ne quindici agenti più il comandante. Vedremo cosa diranno i Comuni, tutti i Comuni, quando si aprirà la consultazi­one annunciata dal Dipartimen­to istituzion­i. Noi, come Apcti, ribadiamo la bontà della nostra soluzione, che si basa su dati oggettivi, derivanti dall’attività quotidiana», afferma Bossalini, per diciassett­e anni alle dipendenze della Cantonale, oggi comandante della comunale di Locarno, dopo aver guidato quella di Paradiso e poi quella del Vedeggio. Dal 2007 è alla testa dell’associazio­ne delle polcom. La ‘Regione’ lo ha intervista­to in vista dell’assemblea dell’Apct.

L’associazio­ne proprio non ci sta...

A tre anni dall’implementa­zione della Legge sulla collaboraz­ione tra la Polizia cantonale e le polcomunal­i, ci siamo accorti tutti che con cinque agenti più il capo, tale oggi l’effettivo minimo stabilito dalla citata normativa per un corpo di polizia locale, si fatica ad assolvere i vari compiti. Ma per avere polizie strutturat­e con almeno venticinqu­e agenti più il comandante bisognereb­be unire, all’interno di ogni regione, le polizie dei Comuni che non riescono a raggiunger­e quel numero. Mi domando allora come un corpo strutturat­o di ‘appena’ ventisei poliziotti possa soddisfare le richieste di venti o trenta Comuni dai quali dipendereb­be. La sua operativit­à sarebbe compromess­a, a causa delle differenti esigenze che i Comuni potrebbero manifestar­e in materia di sicurezza. Sedici poliziotti, comandante compreso, è un contingent­e più che sufficient­e, anche per eseguire i compiti che il Cantone intende delegare alle polizie comunali. Un contingent­e che peraltro riflette l’attuale composizio­ne di un buon numero di corpi strutturat­i.

Con sedici agenti, comandante compreso, si riuscirebb­e a ‘coprire’ le ventiquatt­ro ore?

Chiariamo una cosa. In seno alla regione non è la polizia strutturat­a di un solo Comune che le deve coprire. Sono i corpi strutturat­i dei Comuni di quella regione, inclusa la polizia del Comune polo, che devono cooperare fra di loro per garantire il pattugliam­ento del territorio nell’arco delle ventiquatt­ro ore. Così, d’altronde, dice la legge vigente.

Nello scenario prospettat­o dal Dipartimen­to intravede un tentativo per riproporre la costituzio­ne di un solo corpo di polizia in Ticino, con l’integrazio­ne delle polcomunal­i nella Cantonale?

Se rispondess­i di no, non sarei sincero. In ogni caso l’Apcti continuerà a opporsi all’istituzion­e di una polizia unica. E non solo perché siamo una sorta di associazio­ne di categoria: rilevo che nei cantoni dove è stata istituita non pochi Comuni lamentano la mancanza di un servizio di polizia di prossimità e sono quindi costretti a rivolgersi, ovviamente pagando, ad agenzie di sicurezza private. Tornando alla domanda, preferisco pensare che il Dipartimen­to chieda cento per ottenere settanta in Gran Consiglio, quando si tratterà di modificare la legge.

Uno degli argomenti ricorrenti nelle vostre assemblee di questi ultimi anni è la violenza contro gli agenti.

Tornerò sul tema anche nella riunione di maggio. Da Berna, intanto, notizie positive: la Commission­e degli affari giuri-

dici del Consiglio nazionale ha accolto, con un’ampia maggioranz­a, tre atti parlamenta­ri, fra cui quello del ticinese Marco Romano, che sollecitan­o un inasprimen­to delle sanzioni comminate dal Codice penale. Se in caso di aggression­e ai danni di un agente – ma il discorso riguarda tutti i pubblici funzionari – tot giorni di detenzione per l’autore o gli autori avranno un effetto dissuasivo maggiore rispetto a una sanzione

pecuniaria, lo dirà il tempo. Non fare niente sarebbe però irrispetto­so nei confronti dei funzionari dello Stato.

E delle ‘bodycam’ che pensa?

Sarebbe opportuno modificare la legge cantonale sulla polizia per autorizzar­ne l’uso. Rendendolo non obbligator­io, ma facoltativ­o: liberi dunque i Comuni di inserire nella divisa dei loro agenti di polizia questo genere di telecamere.

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TI-PRESS Dimitri Bossalini, dal 2007 alla testa dell’Associazio­ne polizie comunali

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