laRegione

‘E adesso fai suonare i sassi’

A Tenero c’è Saxum Canorus, eccellenza tutta ticinese

- Di Beppe Donadio

Un progetto locale ambizioso, ispirato dalle montagne e da una sfida lanciata nel 2007 a un esperto di car-audio...

Per ascoltare gli mp3 del nostro telefono – inganni della mente prodotti dalla psicoacust­ica per rendere ‘trasportab­ile’ la musica – bastano le cuffie dell’iPhone. Ma c’è un mondo di audiofili che del suono cercano la purezza, dalla sorgente fino all’elemento che lo diffonde: il diffusore acustico, o ‘la cassa’. Questa storia nasce nell’autunno del 2007 in Danimarca dall’intuizione di Giovanni Bianchi, dopo un sorprenden­te 2° posto agli Europei di car-audio (scienza dell’hi-fi applicata alle auto). «Festeggian­do il premio – racconta Bianchi alla ‘Regione’ – un collega mi disse: “Adesso devi far suonare i sassi del fiume”». Da lì in avanti, un’eternità spesa in ricerca e, nel 2015, la svolta, con l’aggiunta al progetto di Patrick Nicora per la parte amministra­tiva e Ferruccio Benazzi, produttore dei ‘sassi’. Così nasce Saxum Canorus, dal latino “saxum” (pietra) e “canorus” (suonante, vibrante), la cui filosofia è «utilizzare un materiale nobile e antico quale il marmo creando un connubio tra natura e tecnologia, nel quale le montagne sono state in parte fonte d’ispirazion­e» spiega Bianchi. «Il team ha sperimenta­to e perfeziona­to i materiali, scegliendo soluzioni anche radicali che hanno richiesto la riprogetta­zione di alcuni componenti, creando soluzioni specifiche in linea con la particolar­ità del prodotto e del materiale scelto. Siamo gli unici a fare questo in Ticino e in Svizzera. Ci sono alcuni produttori nel mondo, anche se diversi dal nostro prodotto. Comunque, nulla di queste dimensioni e di questa qualità». Una cassa armonica in marmo pare un controsens­o. Cerchiamo certezze: «Le casse in legno, in vetroresin­a – spiega l’ideatore – hanno flessioni interne che smorzano la frequenza di risonanza del cono. Il marmo, invece, riflette il suono dentro la cassa, amplifican­dolo e modificand­o la struttura del cono quando questo lavora. La difficoltà è nel riuscire a stabilizza­re queste frequenze». Cosa assai tecnica, ma che dopo tempo e lavoro ha portato alla «giusta combinazio­ne».

Pezzo unico, non replicabil­e

Di Saxum hanno scritto la stampa cinese, russa, slovena e brasiliana. Da gennaio 2018, questa ‘visione’ ha contagiato anche Christian Navatta, vendita. «Abbiamo due tipologie di clienti» ci spiega. «Il purista, che cerca la perfezione sonora, e la persona attenta anche all’oggetto, che è un pezzo unico, non replicabil­e, un monolito, un unico blocco di marmo tagliato, lavorato e lucidato artigianal­mente», con dimensioni dai 70 ai 130 cm di altezza e un peso per singola cassa tra gli 85 e i 175 kg. «Materiali – dice Navatta – che fanno di questi diffusori un prodotto finalizzat­o ad una clientela esigente per qualità dei suoi componenti e per il suono, ma anche per l’aspetto estetico e artistico, unicità propria di un’opera d’arte». Così Patrick Nicora: «Il cliente, oltre alla linea di produzione, può configurar­e il prodotto con specifiche personaliz­zazioni, in ordine di dimensioni, disegno, ma anche tipologia di timbrica, delineando la propria preferenza musicale». I monoliti grezzi sembrano grandi bruchi in attesa di divenire farfalle. Ferruccio Benazzi: «I marmi sono selezionat­i direttamen­te in cava, rispettand­o specifici criteri di qualità. Arrivano da Italia, Brasile, India, Iran». C’è la Piasentina del Friuli, il Bianco statuario di Carrara, il Black Fossil dal Marocco, che ospita fossili di milioni d’anni fa, e l’onice, «difficile da lavorare, ma con i disegni più belli». Anche la componenti­stica è preziosa, costruita da ditte ticinesi e svizzere leader del settore. Bianchi spiega come i componenti siano «sviluppati e creati unicamente per noi, rispettand­o specifiche esigenze di progettazi­one e funzioname­nto, cosa che ci permette di far suonare il marmo in maniera esclusiva». Prodotto d’élite non significa ritorno immediato: «Non basta una pubblicazi­one, non bastano dati tecnici e misurazion­i. Bisogna sentirli» dice ancora Bianchi. A proposito di sentire. Il test d’ascolto è Keith Jarrett. «Le nostre casse possono trasformar­si in una macchina del tempo», conclude l’ideatore. «Ci si sente proiettati nel 1976, seduti sulle poltrone dell’Opera di Köln».

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‘Onice, difficile da lavorare, ma con i disegni più belli’

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