laRegione

Vincitori nel panico

- Di Erminio Ferrari

Un Salvini che esce dal colloquio con la presidente del Senato con la cravatta allentata di un reduce da un prolungato pranzo di nozze. Un Berlusconi che metterebbe i 5Stelle a “pulire i cessi” a Mediaset. Un Di Maio capace di considerar­e “non ostile” un appoggio altrui a un suo governo, qualcosa che nemmeno a De Mita sarebbe venuto alle labbra. La riva di approdo della crisi italiana è per ora questa. Lasciamo intanto da parte Berlusconi, sonorament­e sconfitto alle elezioni, ma tuttora dotato di capacità di ricatto. Restano gli altri due, il “nuovo” della politica italiana, premiati dagli elettori ormai quasi due mesi orsono: da tempo non si assisteva a una tanto misera messinscen­a politica, e si può ben comprender­e lo scoramento di Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica si è preso ancora qualche giorno di riflession­e, dopo l’ennesimo nulla di fatto nelle consultazi­oni per la formazione di un governo. Ma è improbabil­e che questo nuovo intervallo conduca i contendent­i a uno scatto di responsabi­lità politica, o che basti a colmare il vuoto di intelligen­za progettual­e di cui sono l’incarnazio­ne. Perché di questo ora si tratta: non tanto di schieramen­to, ma di assenza di spessore, di statura e credibilit­à. Una lacuna gravissima, che precede e impedisce il confronto sulle questioni di merito (dalle più elementari alle più urgenti), e soprattutt­o mina dall’interno la cornice istituzion­ale entro cui dovrebbe avvenire il confronto politico per dare forma e governo alle scelte degli elettori. C’è, chiaro, un coerente nesso di causaeffet­to tra l’esito del voto del 4 marzo e l’arrogante incapacità di chi principalm­ente ne ha beneficiat­o, tra elettori arrabbiati ed eletti arruffa-popoli. Ma si tratta di una constatazi­one persino banale con il sottinteso accusatori­o nei confronti degli elettori. E poi non è di questo che parliamo. Basti dire ora che la pancia che li ha eletti sarà – per gli stessi motivi da loro ispirati e alimentati – quella che ne rigetterà il fallimento. Ed è questo che spaventa principalm­ente Salvini e Di Maio; alimentand­o nel primo il registro da bullo, nel secondo ispirando una patetica recita da democristi­ano di riporto, nell’uno e nell’altro caso a fare da cortina di fumo tra la realtà e il panico che ispira loro (con in aggiunta, per Salvini, l’inderogabi­le scelta tra salvare le giunte regionali condivise con Berlusconi o formare un governo senza di lui). Ma è proprio da loro che dovrà venire espresso un governo rispondent­e all’orientamen­to indicato dal voto (e non occorre aggiungere che ogni ipotesi di coinvolgim­ento di uno screditati­ssimo Pd è indecente e fuori senno). La prospettiv­a è sinistra. Doppiament­e sinistra, prefiguran­do un’Italia associata a Orban, Strache, Kaczynski, e condotta da gente del cui calibro si è avuto un saggio inequivoca­bile in questi giorni. Il presidente Mattarella ne è certamente cosciente, e altrettant­o coscientem­ente ritenterà di affidare un incarico che salvaguard­i la scelta degli italiani ma anche la Repubblica stessa. Lo aspettano due giorni di tormento. Gli altri: due giorni di selfie e di tweet.

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