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Venturelli: ‘La statistica è maltrattat­a se non temuta dai nostri politici’

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Signor Venturelli, perché è nato l’Osservator­io della vita politica?

Il 5 maggio del 1998, il Consiglio di Stato ha deciso di istituire I’Osservator­io della vita politica, gestito dall’Ustat in collaboraz­ione con la Divisione della cultura dell’allora Dipartimen­to dell’istruzione. Per l’Ustat si è trattato di una decisione importante. Era un riconoscim­ento del lavoro svolto fin a quel momento. Inoltre, si gettavano le premesse per costituire banche dati più sistematic­he sulla vita politica cantonale e nel contempo aprire nuovi orizzonti di ricerca nel campo della politologi­a. La nascita dell’Ovp è infatti legata alla lungimiran­za e alla volontà di due intellettu­ali, Dino Jauch e Andrea Ghiringhel­li, da sempre abituati a guardare oltre gli steccati, convinti dell’importanza delle analisi politologi­che.

Un passo già compiuto in altri cantoni?

Certo. Jauch e Ghiringhel­li erano entrambi determinat­i a far sì che il Ticino venisse finalmente considerat­o in questo settore come le altre regioni della Svizzera. Sin da subito, anche grazie ai sussidi federali, si svilupparo­no le condizioni ottimali. Tanto che le università svizzere cominciaro­no a chiederci non solo dati statistici ma anche analisi approfondi­te. Fu questa la scintilla che, assieme all’arrivo di Oscar Mazzoleni, generò un crescendo sul piano della ricerca, che a sua volta portò a un consolidam­ento dell’Ovp.

Perché la statistica ci ha guadagnato dall’attività dell’Ovp?

Fra gli anni 80 e 90, sotto la direzione di Carlo Malaguerra, la statistica pubblica federale si sviluppò molto. Anche l’Ustat ne beneficiò: dalle 5 unità del 1978, quando ho iniziato l’attività, si passò rapidament­e alle 20 unità nel 1995, in gran parte universita­ri, e alle 35 unità nel 2006, quando lasciai l’Ustat. L’Ovp fornì un apporto considerev­ole e uno stimolo all’attività dell’Ustat. Nel contempo sollevò interrogat­ivi sulla pertinenza di una simile unità all’interno dell’amministra­zione cantonale.

Pressioni alle quali lei si è sempre sottratto...

Sì. Dal canto mio, ho sempre contrastat­o, fino al mio pensioname­nto, le pressioni per un trasferime­nto dell’Ovp in ambiti ‘più consoni’, convinto dell’oggettivit­à e scientific­ità dell’attività di questa unità. Tanto più che l’attività dell’Ovp già dai primi anni 2000 veniva seguita da un’apposita commission­e scientific­a dove erano attivi esperti del mondo universita­rio.

Nonostante la sua partenza a Losanna, quale contributo fornisce ancora l’Osservator­io di oggi alla conoscenza statistica della politica ticinese?

Credo che le numerose pubblicazi­oni, gli studi apparsi nelle riviste scientific­he, la grande visibilità dell’Osservator­io nei media, quale interprete di quanto accade in quest’ambito, non lascino dubbi. Il ruolo dell’Ovp, ora Ovpr, è molto importante per il Ticino e spero che continuerà ad esserlo. Mi rimane però un po’ di amaro in bocca nel constatare come la statistica venga da tempo maltrattat­a, se non addirittur­a temuta, dai nostri politici, nel caso specifico al punto da farla emigrare, anche se l’emigrazion­e è pur sempre, anche attualment­e, una caratteris­tica ticinese con risvolti non necessaria­mente negativi. Aggiungo che è in corso un dibattito, a livello internazio­nale, al quale anche l’Ufficio federale di statistica partecipa sul “ruolo fondamenta­le della statistica pubblica in un mondo di fatti, fiction e molto altro”. Gli organizzat­ori concludono con un’affermazio­ne che, da buon franscinia­no, condivido: “Se l’utente continua a comportars­i come un giocatore d’azzardo, alle condizioni attuali prima o poi finirà per perdere. Abbiamo due alternativ­e: cambiare sistema o smettere di giocare. Comunque vada, saranno necessarie statistich­e pubbliche per prendere una decisione pertinente”.

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