Osservare la politica
L’Osservatorio compie 20 anni. Quale utilità ha la conoscenza scientifica della nostra vita politica?
L’Osservatorio della vita politica soffia 20 candeline. Ha mosso i suoi primi passi in Ticino dove è nato per poi approdare a Losanna. Dal 2011 ha pubblicato oltre 70 studi scientifici, di cui 50 dedicati alla politica ticinese. Giovedì 3 maggio al Centro Spazio Aperto di Bellinzona si terrà, per festeggiare l’anniversario, una serata aperta al pubblico a partire dalle 17.45
Ho avuto qualche parte nella realizzazione del progetto di Osservatorio della vita politica regionale promosso dal direttore dell’Ustat Elio Venturelli. Credo sia facile riassumere l’essenziale. Prima del 1998, il Ticino soffriva di un cronico analfabetismo politologico e le analisi, con pretese di imparzialità, dei momenti politici erano affidati dai mass media ai politici, ossia – paradosso cantonticinese per tanto tempo – ai protagonisti stessi della politica che, ovviamente, cercavano sempre una forma di autolegittimazione del proprio agire: il negoziante non parlerà mai a discapito dei prodotti che vende. Gli esterni, i pochi ricercatori – in particolare della scuola di Friborgo di Roland Ruffieux – che dagli anni 80 cercarono di misurare e interpretare la politica, le elezioni, i comportamenti elettorali con gli strumenti delle scienze politiche, erano poco graditi, considerati degli abusivi che invadevano territori riservati. Un ricordo personale: a cavallo degli anni 90 pubblicai una serie di articoli, poi riuniti in un volumetto – sulla crisi dei partiti tradizionali che sprofondavano nei consensi perché faticavano ad autoriformarsi; fui accusato con piglio severo di agire per pregiudizi perché non vi era nessuna crisi e i partiti godevano di buona salute: poi si vide come andarono le cose; semplicemente non si ammetteva che un profano si addentrasse nella “no-flight zone” per i non addetti ai lavori. Con la nascita dell’Osservatorio, finalmente, le cose cambiarono: il Cantone si dotò di uno strumento di analisi politologica che in pochi anni mise a punto sequenze e banche dati sulle elezioni, ed elaborò una serie impressionante di studi sui comportamenti elettorali, sul personale politico in parlamento, sui partiti politici, sulle forme di democrazia ecc. In quegli anni, mentre la politica diffidava, fu il Cantone a consolidare il progetto, finanziandolo e agevolando la collaborazione con l’Università di Losanna e bisogna dare atto al Dipartimento di Gabriele Gendotti di aver fatto bene la sua parte: e l’Osservatorio oggi, oltre a produrre dati e analisi, offre stage e posti di lavoro a ricercatori ticinesi, e restituisce al Cantone più di quanto il Cantone investa, ma soprattutto l’Osservatorio offre al cittadino gli strumenti per capire la politica nel nostro Cantone. Il paradosso è che in questi ultimissimi tempi, se i politici e i partiti in genere hanno ammesso la grande utilità di questo istituto, tanto da ricorrere a più riprese ai suoi servigi per sondaggi, analisi, inchieste, sono stati proprio alcuni funzionari cantonali, non particolarmente illuminati, della divisione preposta a trattare le questioni culturali – a mettere in discussione l’opportunità di continuare a finanziare l’istituto: questione di cultura politica, e in quell’ambito le lacune sono ancora vistose. Poi il buon senso ha prevalso, forse; ma pensare che oggi dei rappresentanti del Cantone possano considerare l’Osservatorio un surplus, un fardello non necessario e inutile perché il Cantone non ne trae alcun beneficio materiale o immateriale lascia piuttosto sgomenti: è una dimostrazione delle buone ragioni di chi asserisce che la famosa educazione alla cittadinanza non dovrebbe limitarsi alle scuole.