Dilaga la protesta in Nicaragua, ucciso un giornalista
Roma – Il presidente del Nicaragua Daniel Ortega ha deciso di ritirare la riforma del sistema pensionistico che negli ultimi giorni ha scatenato violenti scontri nel Paese, provocando la morte di almeno 25 persone. Fra loro un giornalista, Angel Gahona, colpito alla testa da un proiettile durante una diretta sulle proteste su Facebook nella cittadina costiera di Bluefields. Il presidente sabato sera in tv ha dovuto dichiarare una limitata apertura a “trattare”, ma solo con le imprese, ricevendone un rifiuto. La vigilia aveva deciso di schierare l’esercito a Esteli, nel Nord del Paese, uno dei centrifulcro della rivolta, e a Managua. I manifestanti si oppongono alla riforma delle pensioni, che prevede una riduzione degli assegni sociali del 5% a fronte di un incremento dei contributi chiesti tanto ai lavoratori quanto alle imprese. Una riforma dettata, secondo Ortega, dalla necessità di salvare l’Istituto per la previdenza sociale (Inss), che sottrarrà almeno 200 milioni di dollari alle imprese, con forti rischi per l’occupazione. Sabato la risposta del governo è arrivata poche ore dopo che la dirigenza economica ha respinto il dialogo offerto dal presidente e ha chiesto la cessazione della repressione e il rispetto del diritto di manifestare dei nicaraguensi. Iniziata spontaneamente mercoledì sera in un centro commerciale di Managua, la protesta è cresciuta nei giorni seguenti, raccogliendo folle sempre più grandi e un’intensità crescente, con la dura repressione delle forze di sicurezza. Folle di oppositori si sono radunate notte e giorno nelle strade di Managua, e non solo. I 25 morti sono ancora una cifra ufficiosa – i media governativi ne ammettono solo 10 –, diffusa dal gruppo Cenidh che si batte per i diritti umani nel Paese centroamericano. I manifestanti hanno lanciato pietre, eretto barricate, dato alle fiamme uffici governativi a Leon. In un intervento alla tv, Ortega ha detto: «I ragazzi non sanno nemmeno di venire manipolati» e non sarebbero coscienti che criminali comuni delle violente gang si sono infiltrati nelle proteste, «criminalizzandole» e mettendo a rischio gli stessi giovani.