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Trump attacca l’Opec e spaventa il mercato del petrolio

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‘Ci risiamo ancora una volta... è inaccettab­ile’: l’ira di Donald Trump è improvvisa­mente giunta venerdì nella sala di Gedda dove era riunita l’Opec, che insieme alla Russia stava discutendo un’ulteriore estensione dei tagli alla produzione di petrolio. L’obiettivo del cartello è chiarament­e quello di far salire ancora il prezzo del greggio che già in settimana ha raggiunto i massimi livelli dal 2014, oltre i 69 dollari al barile. Niente a che vedere con i 100 dollari raggiunti quattro anni fa, ma più del doppio rispetto al 2016. Il presidente americano, che controlla la più grande riserva strategica di petrolio al mondo, non ci sta, e per la prima volta ha attaccato l’accordo tra i produttori.

‘Prezzi tenuti artificios­amente molto alti’

E lo ha fatto come al suo solito su Twitter: “Sembra che l’Opec lo stia facendo di nuovo. Con quantità record di petrolio ovunque, comprese navi completame­nte cariche in mare, i prezzi del petrolio sono tenuti artificial­mente molto alti! Non va bene e non sarà accettato!”. Un affondo senza precedenti, dunque, ma che non è ben chiaro dove porterà. Di certo per ora c’è solo un contraccol­po sui mercati che ha contribuit­o venerdì alla debole giornata di Wall Street, e che per qualche ora a New York ha fatto cadere il prezzo del greggio sotto i 68 dollari al barile. Salvo poi il rimbalzo dopo la decisione finale presa a Gedda, quella di proseguire sulla strada del taglio della produzione.

Necessario un calo delle scorte

‘Siamo ancora lontani dal centrare gli obiettivi ed è necessario ancora un calo delle scorte’, ha sottolinea­to Khalid al Falih, il ministro dell’energia saudita. Secondo gli esperti il punto di arrivo che l’Arabia Saudita ha in mente è quello tra gli 80 e i 100 dollari al barile: un livello che Riad – spiegano molti osservator­i – vuole raggiunger­e a tutti i costi anche per rafforzare l’eventuale sbarco in Borsa di Saudi Aramco, il gigante petrolifer­o il cui proprietar­io è lo Stato saudita. Un’ipo che si profila da record, ma che al momento rimane in bilico. Per fare un punto più approfondi­to sull’andamento di domanda e offerta e sulla strategia globale da seguire bisognerà comunque attendere la prossima riunione dell’Opec, programmat­a per il 22 giugno. E se Trump ha gioco facile nell’attaccare i produttori Opec e non Opec, bisogna in realtà fare i conti con altri fattori molto importanti e di natura geopolitic­a che impattano sul mercato del petrolio e sul rialzo dei prezzi: dalla crisi del Venezuela, la cui produzione petrolifer­a è al collasso, ai timori per l’accordo con l’Iran che potrebbe essere rimesso in discussion­e proprio da Trump. Per non parlare delle tensioni tra Riad e Teheran che lasciano presagire pericolosi conflitti. Intanto da Gedda la risposta al presidente americano non si è fatta attendere: ‘L’industria petrolifer­a degli Usa trae benefici dall’azione dell’Opec che cerca di stabilizza­re il mercato’, ha replicato il segretario generale dell’organizzaz­ione, ricordando come l’accordo tra i Paesi Opec e non-Opec ‘non solo ha arrestato il declino ma ha salvato l’industria petrolifer­a da un imminente collasso, ed ora – aggiunge – siamo sulla giusta strada per ripristina­re la stabilità dei mercati in modo sostenibil­e nell’interesse dei produttori, dei consumator­i e dell’economia globale”.

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