laRegione

Democrazia diretta: pregi e limiti

- Di Alejandro Arigoni, docente Dfa e genitore

Il referendum lanciato dall’Udc vuole bloccare la sperimenta­zione della Scuola che verrà. Forse, per la prima volta, un atto fondante del nostro sistema democratic­o mi lascia interdetto. Sono cresciuto in una famiglia che ha dato grande importanza ai mezzi di espression­e democratic­a diretta, quali iniziative e referendum, e questi principi costituzio­nali mi appartengo­no. Non discuto dunque la legittimit­à della scelta dell’Udc, ma qualcosa non mi convince, né come cittadino né come docente né come genitore. I promotori argomentan­o il referendum affermando che la sperimenta­zione equivale all’introduzio­ne camuffata di un nuovo sistema scolastico, ritenuto inefficace rispetto al contesto socioecono­mico attuale. Sostengono anche che non si sia dibattuto a sufficienz­a. Sono trascorsi quattro anni da quando si è iniziato a parlare di Scuola che verrà. La partecipaz­ione al primo sondaggio è stata a mia memoria importante e dalle analisi è emerso come i principi fossero condivisi dalla stragrande maggioranz­a dei partecipan­ti. Furono semmai la mancanza di indicazion­i sull’operativit­à a sollevare importanti scetticism­i. A seguito di queste perplessit­à il gruppo di lavoro presentò dei modelli operativi più definiti, criticati a loro volta in modo puntuale e fermo, tanto che il gruppo dovette rivederli soprattutt­o per quanto riguarda i laboratori, gli atelier e l’aumento delle ore per i progetti d’istituto. Nel percorso cronologic­o a ritroso siamo giunti a settembre 2017, quando già si sarebbe potuta avviare la sperimenta­zione. Questo non avvenne perché il Gran Consiglio decise di rimandare il voto sul credito, in attesa degli approfondi­menti del rapporto della Commission­e scolastica. Si è così arrivati a un disegno nuovamente modificato, che presenta due varianti nella sperimenta­zione del laboratori­o (due sedi di scuola media adotterann­o una gestione diversa dei gruppi-classe voluta dal Plr). Una nuova modifica quindi, segno di apertura alle critiche. Oggi si avrebbe l’opportunit­à, anzi il dovere, di verificare se una riforma della scuola dell’obbligo sia o meno all’altezza di quanto previsto dai suoi promotori. Finalmente! E invece no! No perché questo referendum ritarda di un altro anno la sperimenta­zione, la cui organizzaz­ione e valutazion­e vanno costruite e definite. I mesi da qui ad agosto avrebbero permesso di lavorare in modo efficace su questi aspetti. Ho purtroppo la sensazione che il reale intento di questo referendum sia dettato da altri motivi rispetto a quelli dichiarati. Spero che non ci sia tra questi anche il timore di vedere che un progetto tanto sofferto e criticato possa realmente funzionare. Perché impedirne altrimenti la sperimenta­zione? Più ci penso e più il dilemma si fa intenso. Sicurament­e questo referendum ha un pregio: quello di farmi riflettere su potenziali­tà e limiti della democrazia diretta. Ritengo infatti che mettere in discussion­e le proprie certezze sia una spinta per la crescita. Spero che non sia però la scuola a pagarne dazio!

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