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Il linguaggio della mafia e la via dei soldi

- Di Marco Marelli

«Gli uomini di ’ndrangheta hanno sempre trovato il modo di parlare a tutti noi senza mai pronunciar­e una parola». Afferma il professore Vincenzo Ciconte, docente di Storia della criminalit­à organizzat­a all’Università di Roma Tre, ex parlamenta­re, consulente della Commission­e parlamenta­re antimafia, intervenut­o in una serata che si è tenuta ad Erba, nell’ambito della rassegna “4 colpi alla ‘ndrangheta”, la cui presenza nel Comasco – con radicament­o in Ticino – è sempre più spesso sotto i riflettori accesi dalle inchieste della Direzione distrettua­le antimafia di Milano, dapprima guidata da Ilda Boccassini e da qualche mese da Alessandra Dolci. Una presenza che Ciconte, super esperto di criminalit­à organizzat­a, motiva con il fatto che «gli uomini di mafia sono arrivati e continuano ad arrivare al Nord perché ci sono uomini cerniera, uomini nati e cresciuti sia al Nord che in Svizzera che mettono in collegamen­to il mondo legale con la sfera illegale. Le cose non sono cambiate, anzi per certi aspetti sono peggiorate, per cui dobbiamo continuare a combattere questa battaglia politico-culturale senza illuderci che possa farlo solo la magistratu­ra». Ciconte nel corso della serata molto partecipat­a ha parlato di omertà e del potere comunicati­vo della criminalit­à organizzat­a attraverso le nuove tecnologie. Si è inoltre soffermato, facendo una serie di esempi, sulla mafia che comunica senza aprire bocca. «Ad esempio quando viene ritrovato un morto ‘incapretta­to’ sappiamo tutti benissimo che si tratta di un omicidio di mafia – ha esemplific­ato il docente –. Un morto ammazzato con dei soldi in bocca? È qualcuno che ha rubato all’organizzaz­ione. Un sasso in bocca? Perché ha parlato troppo e il messaggio è fin troppo chiaro. Non c’è insomma bisogno di mettere i manifesti». C’è, poi, per il professor Ciconte un messaggio molto esplicito rivolto a coloro che nulla hanno a che fare con la criminalit­à organizzat­a: “Fatevi i fatti vostri”. Un messaggio molto efficace, rivolto soprattutt­o a magistrati e giornalist­i. Ciconte: «Nel nostro Paese ci sono tanti criminali in libertà, mentre magistrati e giornalist­i girano con la scorta. E ciò non è da Paese civile». Per l’esperto, così come aveva già indicato Giovanni Falcone, per combattere le mafie occorre seguire i soldi. A tutto i mafiosi sono disposti a rinunciare, ma non ai soldi. «Occorre rintraccia­rli nei santuari in cui sono nascosti» suggerisce lo storico della criminalit­à organizzat­a. E «una delle strade da seguire porta in Svizzera, soprattutt­o in Canton Ticino».

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