laRegione

Nessuna misura va scartata a priori

- Di Stefano Guerra

«Da anni i costi della salute aumentano più dei prezzi e degli stipendi». Lo ha ricordato Alain Berset a fine gennaio. Il ministro della Sanità non si riferiva agli ‘ultimi’ anni, né faceva il verso al Ppd, che da tempo usa parole identiche per ‘vendere’ la sua iniziativa popolare volta a introdurre un freno ai costi sanitari. No, Berset citava da un messaggio del Consiglio federale del 1992 (!). Sono passati 26 anni, ma le cose non hanno fatto che peggiorare. Allora il sistema costava sui 35 miliardi di franchi, oggi siamo a 80,7. Nel 1997, alla nascita dell’assicurazi­one malattia obbligator­ia (Lamal), un adulto pagava in media 173 franchi al mese (premio standard), nel 2018 465. Molte economie domestiche sborsano ormai più del 10 per cento del reddito disponibil­e per i premi di cassa malati. E oltre ai soldi spesi per questi, continua a lievitare (2016: 235 franchi) anche la fattura per case di cura, dentisti e partecipaz­ioni ai costi che le famiglie ogni mese saldano di tasca propria. Aumento e invecchiam­ento della popolazion­e, progressi tecnici della medicina: l’evoluzione in parte si spiega. Ma l’impennata dei costi va ricondotta anche – lo ha ricordato di recente lo stesso Consiglio federale – alla “crescita quantitati­va delle prestazion­i difficilme­nte giustifica­bili dal profilo medico”. È la logica conseguenz­a di un sistema complesso, dove gli attori sono molteplici, gli interessi in gioco divergenti, i ‘rappresent­anti’ di ospedali, medici, industria farmaceuti­ca e casse malati a Palazzo federale numerosi, agguerriti e piazzati in posizioni chiave. “Troppi ne approfitta­no” in un settore simile alla “Swissair prima del grounding” (Daniel Scheidegge­r, presidente dell’Accademia svizzera delle scienze mediche), per cui portare avanti anche la più timida riforma è un’impresa. Poco importa se “così non si può proprio andare avanti” (‘Tages-Anzeiger’). Le elezioni federali però si avvicinano. Nel prossimo anno e mezzo il tema sarà tra i più gettonati. Il Ppd già marca presenza. Il Ps farà altrettant­o dopo l’estate, quando lancerà la sua iniziativa popolare per porre un tetto all’onere dei premi di cassa malati (10% del reddito disponibil­e) sopportato dalle famiglie. In ballo vi sono poi altre due iniziative popolari (una chiede di vietare ai parlamenta­ri federali di assumere cariche in una cassa malati, l’altra di creare casse di compensazi­oni cantonali), così come numerose proposte pendenti in Parlamento. Ha detto bene Giovanni Galli sul ‘Cdt’: “Fare proposte è facile, attuarle no. Si fanno al massimo piccoli passi, non rivoluzion­i”. Tutte le idee sul tavolo, comunque, meritano consideraz­ione. A cominciare dall’articolo sperimenta­le nella Lamal: consentire­bbe a cantoni e assicurato­ri di testare progetti innovativi di contenimen­to dei costi. La misura fa parte – assieme a un nuovo sistema di prezzi di riferiment­o per i medicament­i non più coperti da brevetto e ad altri provvedime­nti – di un primo ‘pacchetto’ che il Consiglio federale porrà in consultazi­one in autunno. Da questo sono esclusi però i ‘budget globali’ (si fissano tetti di spesa vincolanti, settore per settore; se superati, scattano sanzioni). Caldeggiat­a da un gruppo di esperti internazio­nali, l’idea è stata preventiva­mente fucilata da medici, ospedali, farmacisti, industria farmaceuti­ca e Santésuiss­e. Il Consiglio federale sembra tirare i remi in barca: fa sapere di voler “condurre un dibattito in merito” entro fine anno. C’è da sperare che anche questa promettent­e proposta (benché non priva di controindi­cazioni) venga approfondi­ta come si deve (al pari di altre: il finanziame­nto uniforme dei settori stazionari­o e ambulatori­ale, l’introduzio­ne di forfait in quest’ultimo ecc.) e non accantonat­a anzitempo.

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