laRegione

La vita di un bambino La vita di tutti i bambini

- Di Erminio Ferrari

Perché non tacere? Perché farne un simbolo? Divenuta materia di “opinione pubblica” e, in Italia, di politici in cerca di facile popolarità, la vicenda del bambino inglese destinato a non sopravvive­re se “staccato” dalle macchine che lo ossigenano e lo nutrono, ha perso da tempo ogni senso di umanità, intendendo con ciò il nostro temporaneo passaggio su questa terra e il segno che, tutti, vi lasciamo, pur destinato a tornare alla polvere. Perché, se si parla del dolore straziante dei genitori (di cui può eventualme­nte sapere qualcosa solo chi ha perso un figlio), si parla di un elemento “accesso- rio”, speculare al desiderio bruciante delle coppie che un figlio lo vogliono a tutti i costi, senza riuscirvi. Nell’uno e nell’altro caso il sentimento riguarda, o meglio parla di loro, non della vita di un figlio – attesa o rimpianta – che ne è realizzazi­one o proiezione. E in entrambi i casi la tecnica, più della natura, interviene a determinar­e in concreto la possibilit­à di vivere o di nascere, e a condiziona­re il modo in cui pensiamo questi eventi (la tecnica, o i rapporti di classe, nel caso delle maternità surrogate, a partire da quella a cui fece ricorso Abramo, che ingravidò la schiava Agar per sopperire all’infertilit­à di Sara…).

Segue dalla Prima Se invece si tratta della facoltà di un’autorità statale o sanitaria a decidere, in situazioni di irreversib­ilità terapeutic­a, sulla prosecuzio­ne o sull’interruzio­ne di un trattament­o vitale, il discorso investe il diritto (che oggi fatica a reggere il passo con una evoluzione frenetica e in parte insensata della “tecnica”) e, inevitabil­mente, la politica. Una politica tuttavia priva di un orizzonte che non sia quello della propria conservazi­one, oltretutto sempre più in balia di un flusso comunicati­vo multiforme (dai media tradiziona­li ai cosiddetti social) che a sua volta si autoalimen­ta di nient’altro che del proprio moto perpetuo. Le persone che davanti all’ospedale in cui giace il bambino manifestav­ano accusando medici e autorità di intenzioni omicide, in altre circostanz­e potrebbero accusare gli uni e le altre di liberticid­io a proposito dell’obbligo di vaccinazio­ni. E chissà se lo farebbero per denunciare l’omissione di soccorso dei governi che respingono alle proprie frontiere i minori in fuga dalla morte per guerra o per fame. Se infine parliamo di quel bambino, dovremmo smettere di farlo. Lo richiede il valore inestimabi­le della sua vita, la cui precarietà ben pochi di noi sarebbero disposti ad assumere su di sé, sostituend­osi a lui. Perché sì, anche una sola vita le vale tutte, e chi ne salva una salva il mondo intero, secondo il Talmud e la pietà universale. Ma chi di una vita fa una bandiera, si rende responsabi­le delle infinite altre di cui non ha voluto vedere lo strazio né impedire la fine, divenendo di questa complice.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland