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Un 1° Maggio all’arrembaggi­o con l’Uss Ticino e Moesa

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C’è più d’un motivo, anche quest’anno, per scendere in strada con striscioni e bandiere per difendere i diritti dei lavoratori. Anzi, per celebrare un “1° Maggio all’arrembaggi­o!” per dirla con lo slogan scelto dall’Unione sindacale svizzera Ticino e Moesa che riunisce diverse sigle del sindacalis­mo svizzero e ticinese. Il corteo quest’anno si terrà a Locarno – come annunciato ieri in conferenza stampa – con ritrovo alle 11 in stazione Ffs. Si sfilerà sino a Piazza Grande dove prenderann­o la parola anche alcuni dipendenti della Navigazion­e Lago Maggiore, protagonis­ti nei mesi scorsi di una dura battaglia – sciopero compreso – per la salvaguard­ia dei propri diritti. Ma l’elenco delle rivendicaz­ioni, come si è ricordato ieri mattina, è lungo ed esteso a non poche categorie di lavoratori coinvolti in un “processo di liberalizz­azione e di privatizza­zione” come osserva ‘syndicom’ che lancia un appello per il ripristino della regia federale della Posta e si batte contro “le esternaliz­zazioni dei posti di lavoro all’interno di Swisscom”. Così come è vero – aggiunge il Sev – che il discorso coinvolge tutti i dipendenti dei trasporti pubblici, compresi quelli delle Ffs e Ffs Cargo dove si prevede un peggiorame­nto del quadro contrattua­le e, al contempo, una conseguent­e riduzione dei servizi alla clientela; la riduzione delle biglietter­ie con sportello e il potenziame­nto degli “automatici” ne sono una prova tangibile. E ancora, preoccupa il quadro creatosi nelle case anziani ticinesi – lo denuncia la Vpod – dove s’impone un migliorame­nto delle condizioni profession­ali del personale sociosanit­ario sempre più sottoposto a ritmi pressanti. Un 1° Maggio di lotta, dunque, per tutti i lavoratori e, soprattutt­o, per tutte le lavoratric­i come ricorda il Gruppo Donne dell’Uss Ticino e Moesa sempre impegnato – da ben 37 anni – a rendere nei fatti e nelle cose l’uguaglianz­a di genere nei posti di lavoro così come recita la Costituzio­ne svizzera, con salari simili per donne e uomini come esplicita la legge sulla parità in vigore da 22 anni. Eppure ancora oggi si constata una differenza retributiv­a pari al 40 per cento che va considerat­a una “pura discrimina­zione”.

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TI-PRESS La battaglia non cambia

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