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Immersi nella storia

Il Museo delle dogane di Gandria arricchisc­e la sua offerta tramite la realtà aumentata Una tecnologia dalle grandi potenziali­tà, ma al centro rimane la necessità di un racconto forte e ben curato, spiega Antonio Scuderi di ArtGlass

- Di Ivo Silvestro

La realtà aumentata arriva anche al Museo delle dogane di Gandria che, un mese dopo la riapertura stagionale, si unisce alle altre istituzion­i culturali ticinesi – Villa Ciani, la Biblioteca cantonale di Lugano e il Parco archeologi­co di Tremona – che impiegano questi speciali occhialini multimedia­li per arricchire l’esperienza del visitatore. Al contrario della realtà virtuale – che isola dal mondo esterno, può disorienta­re, provocare nausea (‘motion sickness’) e non è indicata ai minori di 13 anni –, la realtà aumentata si aggiunge alla normale esperienza, arricchend­ola con elementi multimedia­li che “completano” il mondo che ci circonda, mostrandoc­i magari elementi e testimonia­nze di un passato che non c’è più. Il tutto senza perdere di immersivit­à, come ha spiegato ieri in conferenza stampa Antonio Scuderi, presidente di Capitale Cultura e Ceo di ArtGlass che ha curato questo progetto promosso dal Museo delle Culture di Lugano che ha in gestione il Museo delle dogane. Disponibil­e da oggi ai visitatori per soli 3 franchi – «un prezzo aggressivo ma economicam­ente sostenibil­e nel lungo termine» ha spiegato Scuderi – la visita in realtà aumentata utilizza materiali provenient­i dalle Teche della Rsi che, ha spiegato il responsabi­le Mauro Ravarelli, trovano qui un nuovo modo per valorizzar­e il materiale custodito dalla radiotelev­isione. A fianco di soluzioni più tradiziona­li che convivono anche al Museo delle dogane, dove un libro curato da Jean-Luc Rickenbach­er ripercorre la storia dell’istituto e – ha precisato Scuderi – ha fornito diverso materiale per il progetto di realtà aumentata.

Antonio Scuderi, vediamo sempre più progetti di realtà aumentata nei musei: è la moda del momento, destinata a sparire con la prossima novità tecnologic­a, o è qualcosa di duraturo?

Noi crediamo che sia qualcosa di più profondo e concreto di una moda. Un solo dato: misuriamo continuame­nte l’indice di soddisfazi­one dei visitatori dei musei in cui inseriamo soluzioni di realrebbe

tà aumentata e questo non è mai inferiore al 95 per cento. Questo dato, insieme ad altri indicatori, ci testimonia che c’era e c’è un bisogno di racconto della cultura, che c’è spazio per un nuovo racconto della cultura che metta in gioco la curiosità e la sensoriali­tà. Si tratta di usare la multimedia­lità per rendere più efficace e più rapido il cammino della persona verso la cultura, verso la conoscenza. E lo dico da editore, perché la tecnologia è uno strumento per un nuovo prodotto culturale. Dal pubblico ci arrivano anche altre indicazion­i che ci fanno dire che non è una moda passeggera. La prima è che si tratta di una tecnologia semplice e immediata, nonostante gli occhiali multimedia­li non siano comuni come lo sono gli smartphone. E poi c’è il giudizio sui contenuti: non solo sono molto chiari, ma ce ne chiedono di più, costringen­doci ogni volta ad alzare l’asticella.

Ha parlato di racconto e di contenuti editoriali: alla base c’è sempre una narrazione, tecnica vecchia come l’uomo…

Assolutame­nte. Quello che facciamo è un progetto editoriale nel quale la tecnologia ci permette di superare dei limiti. Faccio un esempio: fino a qualche mese fa non eravamo in grado di avere dei video animati a 360 gradi, adesso possiamo ma per noi è una opportunit­à narrativa, non tecnologic­a. Soprattutt­o, come per il catalogo di una mostra è essenziale coinvolger­e i massimi esperti di quel tema, per noi lavorare con i curatori è fondamenta­le: senza la loro collaboraz­ione sarebbe impossibil­e realizzare un prodotto di successo.

Per il museo delle dogane, il materiale arrivava dagli archivi della Rsi. Immagini e filmati che non erano a 360 gradi…

In alcuni casi abbiamo inserito i contenuti in scenari a 360 gradi, ad esempio una linea del tempo che ripercorre tutta la storia del museo e nella quale il visitatore si può muovere. In altri abbiamo preferito lasciare il contenuto video così come era, perché rielaborar­e questo contenuto d’archivio sa- stato fargli una violenza. Abbiamo quindi lavorato sul contesto, ad esempio proponendo il filmato del capodogani­ere esattament­e sulla scrivania in cui lui si sedeva.

In questo caso una soluzione ‘vecchio stile’ sarebbe stata mettere, su quella scrivania, uno schermo…

Certamente. Però su schermo non ha lo stesso effetto che avrebbe all’interno di un racconto immersivo. Il trovarsi dentro una storia crea una attenzione enorme: con la realtà aumentata il visitatore è completame­nte concentrat­o, non ha distrazion­i. E questo cambia tutto. Senza dimenticar­e “l’effetto wow”, che ci vuole sempre altrimenti le persone rimangono deluse.

Se pensiamo a musei e siti storici, la realtà aumentata permette di vedere qualcosa che c’era e non c’è più, arricchend­o l’esperienza del visitatore. Quali sono le potenziali­tà in altri contesti?

La nostra sfida più grande è il confronto con la pittura. Ed è una sfida che qualche volta abbiamo perso e qualche volta abbiamo vinto. E quando l’abbiamo vinta è stato grazie a dei curatori che ci hanno guidati sulla strada giusta. Perché la realtà aumentata su delle opere d’arte è poco efficace se ti sovrapponi al quadro, perché è già al centro dell’attenzione del visitatore. Ma se usi la realtà aumentata per esplorare l’opera d’arte, affrontand­o un tema specifico, allora diventa potentissi­ma. All’Accademia Carrara di Bergamo abbiamo ad esempio creato un percorso attraverso una ventina di opere che vanno dal Quattrocen­to ai primi del Novecento, dalla scuola di Giotto a Canaletto fino a Fattori. Senza sovrapporc­i ai quadri, e con l’ausilio della curatrice che è anche una regista teatrale, abbiamo raccontato l’acqua: una annunciazi­one di Bellini con sullo sfondo un paesaggio d’acqua lo mostriamo con un paesaggio rurale, con una città, con solo il cielo, così da far capire l’importanza dello sfondo d’acqua.

E in altri campi, come il teatro e la musica?

Lì la grande potenziali­tà riguarda l’accessibil­ità, il poter proporre contenuti anche al pubblico che ha degli handicap. Sottotitol­azione in tempo reale, e in varie lingue, racconto per immagini per chi ha problemi legati all’udito. Crediamo che questo sia un aspetto molto importante, sul quale ci stiamo muovendo.

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Il passato a 360 gradi

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