Arrivederci Casvegno
Nell’impossibilità di incontrare e salutare di persona molti di coloro con i quali ho lavorato, ho deciso di scrivere una breve riflessione, in occasione del mio ultimo giorno di lavoro. Dopo quasi 40 anni trascorsi nel “Neuro”, me ne vado in pensione, contento, non usurato, sempre motivato e reso leggero dalla liberazione delle varie responsabilità. Naturalmente sono abitato da forti emozioni che mi fanno vivere stati d’animo altalenanti ma sono anche cosciente di aver operato e vissuto, con impegno e passione, questo lungo periodo di avventura nel disagio psichico. Impegno e passione sono ingredienti che caratterizzano l’ottima e dinamica équipe di “socio”, che “lascio” e che metterà la sua personale impronta sull’evoluzione socioculturale a venire, della comunità terapeutica del Club ’74 e della psichiatria pubblica. Le associazioni e le comunità terapeutiche dei diversi ambiti di cura, assumeranno sempre più importanza poiché sta aumentando in maniera esponenziale (...)
Segue da pagina 17 (...) il numero di persone affette da disturbo psicologico e sociale che la società, ben poco tollerante, tenta continuamente di emarginare e rinchiudere nei vari istituti. L’autenticità, l’orizzontalità e la vicinanza dei rapporti con gli ospiti, la condivisione dei dolori e delle gioie, dei vissuti, delle esperienze, l’accompagnamento quotidiano nella ricerca di sollievo al mal di vivere e di soluzioni nell’iter terapeutico riabilitativo delle persone in difficoltà, mi hanno molto trasformato nell’animo e come uomo, spesso in modo ponderato e positivo... d’altronde si dice e si lavora dove meglio ci si cura. Ho vissuto e interagito, spesso direttamente, con tutte le “rivoluzioni” succedutesi al “Neuro” dal ’70 fino ad oggi. Abbiamo attraversato, noi tutti, “mode” terapeutiche e integrato concetti ed esperienze di varie scuole di pensiero. Ho conosciuto molte persone che lavoravano con approcci umanistici e con il cuore e altre più tecniche e all’apparenza, più staccate. Il bilancio che traggo dal rinnovarsi della nostra psichiatria sociale è tutto sommato positivo. Cionondimeno, non posso che condividere talune preoccupazioni critiche espresse anche dalla nostra arguta e coriacea commissione del personale che, come il Club ’74, è un partner importante nella dialettica socioterapeutica e democratica, con la direzione Osc e le altre istanze preposte: tutto questo nell’intento di cercare di migliorare la qualità di vita dei nostri pazienti e affinché i lavoratori possano operare in un ambiente professionale adeguato. Evidentemente non sono contrario a sviluppare progetti alternativi al ricovero sul resto del territorio o nel quartiere di Casvegno, però: − non mi è chiaro perché, dopo averci messo 40 anni per abolire la misura coercitiva della contenzione al letto, non si è richiesto un potenziamento di personale (come d’altronde bisognerebbe fare anche per alcuni degli altri progetti), ben sapendo che ci vogliono più operatori per gestire al meglio le persone in crisi o in acuzie che, in altri tempi, sarebbero state legate. − non capisco perché, ben sapendo che in psichiatria e non solo, sia fondamentale per una buona riuscita del piano terapeutico avere operatori di riferimento il più fisso possibile, ho invece la netta impressione che spesso ci si trovi nei reparti di fronte ad una girandola turnistica per niente ottimale e controproducente. − non capisco perché, non vengono forniti più feedback sui progetti già realizzati, o che hanno disatteso le aspettative o quelli che sono in itinere, a tutte le maestranze Osc, che ascoltate e consultate potrebbero maggiormente condividere e supportare gli stessi, con un’indubbia ricaduta positiva anche per i pazienti. − non capisco perché l’Osc e il Dss, non informino regolarmente l’opinione pubblica tramite i mass media sui positivi risultati dei vari progetti (vedi no contenzione) e sulla “difficile” situazione della psichiatria pubblica; ne potrebbe uscire sicuramente un positivo ritorno d’immagine e un esempio per la psichiatria privata. Infine, mi piacerebbe che a vari livelli gerarchici, si desse la giusta importanza alla comunità Club ’74 del quartiere di Casvegno (città di Mendrisio), nell’integrazione e nel prosieguo del piano terapeutico e socio riabilitativo dei nostri ospiti. Senza questo aspetto, si rischia di promuovere in realtà una psichiatria tecnica e quasi solo da pronto soccorso. Il Club ’74, oltre ad essere un club di pazienti socioterapeutico riabilitativo culturale è anche un luogo di produzione di idee, di lavoro e di cultura, inserito nella logica di un vero e proprio centro diurno, a sua volta felicemente inserito nel frequentatissimo quartiere di Casvegno come efficace strumento di inclusione e di aperta piattaforma d’incontro sociorelazionale, che si avvale anche del coinvolgimento della cittadinanza e di associazioni pubbliche e private. In questi Club, il fatto di incontrarsi, di riconoscersi, di essere valorizzati, resi partecipi e protagonisti, di sviluppare un senso di appartenenza e di diventare spesso punto di riferimento per gli altri (con una decisa migliore visione di sé, dopo aver toccato miserie e fallimenti della propria vita), non è terapeutico in senso stretto ma lo è enormemente in senso lato: interagire con le persone e far parte di queste comunità aperte, fa star bene ed è motivante per prendere in mano il proprio progetto di vita. Questa esperienza di democrazia partecipata, di pratica di rapporti sociali dove le persone, al di là del loro stato di salute, del loro stato sociale, delle condizioni economiche, s’incontrano e si riconoscono, forma un prezioso patrimonio non solo della psichiatria pubblica ma anche della società in genere. Mi piace ricordare che la normativa (legge) sancita dall’Articolo 2 della pianificazione sociopsichiatrica cantonale del 14 maggio 2010, recita: l’Osc deve dare il sostegno al Club ’74 per il tramite del Servizio di socioterapia. Ribadisco il mio piacere di avere lavorato con voi, vi ringrazio e vi saluto, augurandovi buon lavoro. Statemi bene.