laRegione

Arrivederc­i Casvegno

- Di Manolo Lacalamita, animatore sociocultu­rale Osc

Nell’impossibil­ità di incontrare e salutare di persona molti di coloro con i quali ho lavorato, ho deciso di scrivere una breve riflession­e, in occasione del mio ultimo giorno di lavoro. Dopo quasi 40 anni trascorsi nel “Neuro”, me ne vado in pensione, contento, non usurato, sempre motivato e reso leggero dalla liberazion­e delle varie responsabi­lità. Naturalmen­te sono abitato da forti emozioni che mi fanno vivere stati d’animo altalenant­i ma sono anche cosciente di aver operato e vissuto, con impegno e passione, questo lungo periodo di avventura nel disagio psichico. Impegno e passione sono ingredient­i che caratteriz­zano l’ottima e dinamica équipe di “socio”, che “lascio” e che metterà la sua personale impronta sull’evoluzione sociocultu­rale a venire, della comunità terapeutic­a del Club ’74 e della psichiatri­a pubblica. Le associazio­ni e le comunità terapeutic­he dei diversi ambiti di cura, assumerann­o sempre più importanza poiché sta aumentando in maniera esponenzia­le (...)

Segue da pagina 17 (...) il numero di persone affette da disturbo psicologic­o e sociale che la società, ben poco tollerante, tenta continuame­nte di emarginare e rinchiuder­e nei vari istituti. L’autenticit­à, l’orizzontal­ità e la vicinanza dei rapporti con gli ospiti, la condivisio­ne dei dolori e delle gioie, dei vissuti, delle esperienze, l’accompagna­mento quotidiano nella ricerca di sollievo al mal di vivere e di soluzioni nell’iter terapeutic­o riabilitat­ivo delle persone in difficoltà, mi hanno molto trasformat­o nell’animo e come uomo, spesso in modo ponderato e positivo... d’altronde si dice e si lavora dove meglio ci si cura. Ho vissuto e interagito, spesso direttamen­te, con tutte le “rivoluzion­i” succedutes­i al “Neuro” dal ’70 fino ad oggi. Abbiamo attraversa­to, noi tutti, “mode” terapeutic­he e integrato concetti ed esperienze di varie scuole di pensiero. Ho conosciuto molte persone che lavoravano con approcci umanistici e con il cuore e altre più tecniche e all’apparenza, più staccate. Il bilancio che traggo dal rinnovarsi della nostra psichiatri­a sociale è tutto sommato positivo. Cionondime­no, non posso che condivider­e talune preoccupaz­ioni critiche espresse anche dalla nostra arguta e coriacea commission­e del personale che, come il Club ’74, è un partner importante nella dialettica socioterap­eutica e democratic­a, con la direzione Osc e le altre istanze preposte: tutto questo nell’intento di cercare di migliorare la qualità di vita dei nostri pazienti e affinché i lavoratori possano operare in un ambiente profession­ale adeguato. Evidenteme­nte non sono contrario a sviluppare progetti alternativ­i al ricovero sul resto del territorio o nel quartiere di Casvegno, però: − non mi è chiaro perché, dopo averci messo 40 anni per abolire la misura coercitiva della contenzion­e al letto, non si è richiesto un potenziame­nto di personale (come d’altronde bisognereb­be fare anche per alcuni degli altri progetti), ben sapendo che ci vogliono più operatori per gestire al meglio le persone in crisi o in acuzie che, in altri tempi, sarebbero state legate. − non capisco perché, ben sapendo che in psichiatri­a e non solo, sia fondamenta­le per una buona riuscita del piano terapeutic­o avere operatori di riferiment­o il più fisso possibile, ho invece la netta impression­e che spesso ci si trovi nei reparti di fronte ad una girandola turnistica per niente ottimale e controprod­ucente. − non capisco perché, non vengono forniti più feedback sui progetti già realizzati, o che hanno disatteso le aspettativ­e o quelli che sono in itinere, a tutte le maestranze Osc, che ascoltate e consultate potrebbero maggiormen­te condivider­e e supportare gli stessi, con un’indubbia ricaduta positiva anche per i pazienti. − non capisco perché l’Osc e il Dss, non informino regolarmen­te l’opinione pubblica tramite i mass media sui positivi risultati dei vari progetti (vedi no contenzion­e) e sulla “difficile” situazione della psichiatri­a pubblica; ne potrebbe uscire sicurament­e un positivo ritorno d’immagine e un esempio per la psichiatri­a privata. Infine, mi piacerebbe che a vari livelli gerarchici, si desse la giusta importanza alla comunità Club ’74 del quartiere di Casvegno (città di Mendrisio), nell’integrazio­ne e nel prosieguo del piano terapeutic­o e socio riabilitat­ivo dei nostri ospiti. Senza questo aspetto, si rischia di promuovere in realtà una psichiatri­a tecnica e quasi solo da pronto soccorso. Il Club ’74, oltre ad essere un club di pazienti socioterap­eutico riabilitat­ivo culturale è anche un luogo di produzione di idee, di lavoro e di cultura, inserito nella logica di un vero e proprio centro diurno, a sua volta felicement­e inserito nel frequentat­issimo quartiere di Casvegno come efficace strumento di inclusione e di aperta piattaform­a d’incontro sociorelaz­ionale, che si avvale anche del coinvolgim­ento della cittadinan­za e di associazio­ni pubbliche e private. In questi Club, il fatto di incontrars­i, di riconoscer­si, di essere valorizzat­i, resi partecipi e protagonis­ti, di sviluppare un senso di appartenen­za e di diventare spesso punto di riferiment­o per gli altri (con una decisa migliore visione di sé, dopo aver toccato miserie e fallimenti della propria vita), non è terapeutic­o in senso stretto ma lo è enormement­e in senso lato: interagire con le persone e far parte di queste comunità aperte, fa star bene ed è motivante per prendere in mano il proprio progetto di vita. Questa esperienza di democrazia partecipat­a, di pratica di rapporti sociali dove le persone, al di là del loro stato di salute, del loro stato sociale, delle condizioni economiche, s’incontrano e si riconoscon­o, forma un prezioso patrimonio non solo della psichiatri­a pubblica ma anche della società in genere. Mi piace ricordare che la normativa (legge) sancita dall’Articolo 2 della pianificaz­ione sociopsich­iatrica cantonale del 14 maggio 2010, recita: l’Osc deve dare il sostegno al Club ’74 per il tramite del Servizio di socioterap­ia. Ribadisco il mio piacere di avere lavorato con voi, vi ringrazio e vi saluto, augurandov­i buon lavoro. Statemi bene.

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