laRegione

Coltivare prospettiv­e

Di pianificaz­ione, turismo comunitari­o e sostenibil­e, formazione profession­ale e promozione agricola... Per nuove opportunit­à.

- Di Clara Storti

In un caffè ai bordi del Parque Central, aspetto Mirko. L’atmosfera sorniona è disturbata solo dal chiacchier­iccio e dallo scampanell­io delle biciclette “gelatare” che, come arcangeli, annunciano con adesivi sgargianti “Cristo viene!” nella terra di Sandino. Nel frattempo, un sole Mida infonde una tonalità dorata a tutto ciò che tocca; i muri della massiccia Catedral dal crema si colorano di paglierino. Sono nella rivoluzion­aria León, nel nordovest del Nicaragua, la sua parte più appassiona­ta. Della guerriglia i muri delle case portano ancora memoria: proiettili hanno scolpito un bassorilie­vo di lotta e liberazion­e, raccontate anche da vivaci murales che istoriano i palazzi. Nonostante non sia molto popolosa, León è il centro intellettu­ale della nazione, grazie all’università fondata nel 1813, e importante centro industrial­e e commercial­e. Il Nicaragua è un Paese, come molti altri, contraddit­torio. Contraddiz­ione che si rivela emblematic­amente nella piazza del Parque Central, dove convivono rivoluzion­e e fede. Sul lato ovest sta il Museo Histórico de la Revolución, «trofeo della guerriglia armata della fine degli anni Settanta», racconta una guida ex combattent­e del Frente Sandinista de Liberación Nacional. Sul lato opposto, la possente cattedrale. Poche righe non sono sufficient­i a descrivere la complessit­à di un Paese e di certo questa penna non ne ha la presunzion­e. Una leggera infarinatu­ra però pare opportuna. In pillole, il Nicaragua – capitale Managua – è lo Stato più vasto del Centroamer­ica (130’373 km2), confina a sud con il Costa Rica, a nord con El Salvador e Honduras. A est è lambito dal Mar dei Caraibi e a ovest è sferzato dall’Oceano Pacifico. La travagliat­a storia nicaraguen­se – dall’indipenden­za dal Messico nei primi decenni del XIX secolo, alla dittatura quarantenn­ale della dinastia Somoza e alla rivoluzion­e sandinista – ha portato il Paese allo statuto di República, il suo presidente è Daniel Ortega, confrontat­o nelle scorse settimane con manifestaz­ioni e scontri, scoppiati in seguito alla proposta di riforma del sistema previdenzi­ale.

República e Confederaz­ione

Il Paese è grande tre volte la Svizzera, con cui ha intessuto relazioni diplomatic­he sin dal 1957. Secondo i dati 2017 fornitici dalla Segreteria di Stato della migrazione, gli svizzeri in Nicaragua sono 303 e i nicaraguen­si in Svizzera 322. Il sito dell’Amministra­zione elvetica informa inoltre che la República esporta in Svizzera beni per un valore di circa 11 milioni di franchi (principalm­ente beni agricoli, come caffè e banane). Viceversa, la Svizzera importa in Nicaragua prodotti per circa 9 milioni di franchi (macchinari, prodotti farmaceuti­ci e agricoli). I rapporti bilaterali si ampliano nel 1993 con l’attività della Direzione dello sviluppo e della cooperazio­ne, soprattutt­o nei settori sviluppo economico, buongovern­o, infrastrut­tura di base, mutamento climatico e riduzione dell’esposizion­e a rischi naturali. Un lavoro di cooperazio­ne e aiuto umanitario accresciut­o anche da diverse organizzaz­ioni non governativ­e svizzere che collaboran­o con le locali.

Modello promoziona­le

partecipat­ivo

Dal globale torniamo al locale. In linea d’aria, dal bar alla sede del quotidiano a Bellinzona ci sono 9’453 km; distanza – metro più, metro meno – percorsa quattro anni fa da Mirko Pichierri. Mirko è un cooperante di Comundo, Ong attiva in varie regioni del sud del mondo. Mi raggiunge al bar e, ordinato un caffè, con cadenza melodica e carica d’ispanismi mi racconta la sua esperienza. «Il mondo della cooperazio­ne l’ho scoperto tardi. Ho 41 anni e sono un chimico, nato e cresciuto profession­almente fra Ricola e Ambrosoli, mi sono trasferito qui nel 2014», dice laconico. Quando è arrivato nella regione del Madriz, nel nord del Paese, per il suo primo progetto, la situazione era piuttosto estrema: «Le popolazion­i erano confrontat­e con un periodo prolungato di siccità». La situazione ha imposto un cambio di rotta, Mirko è passato dall’originario compito di elaborazio­ne di materie prime agricole al disegno di progetti in generale. Nel Paese la formulazio­ne di progetti è una delle problemati­che principali, «perché di solito è nelle mani delle contropart­i occidental­i». Alle associazio­ni locali, il compito di sviluppare e portare sul campo i progetti. Invece, quando il concepimen­to di un programma è in mani locali, il grado d’incidenza è molto più alto, poiché costruito con cognizione di causa, partendo da realtà e dinamiche locali. In seguito, «abbiamo sviluppato strategie di adattament­o ai cambiament­i climatici, che prevedevan­o anche un progetto di promozione del turismo rurale comunitari­o sostenibil­e. Ha preso così vita la Cotucproma» (Cooperativ­a de turismo comunitari­o protectore­s del Medio Ambiente; ndr). Il concetto di turismo comunitari­o è centrale per l’economia di centri rurali in cui le attrattive naturalist­iche, culturali, storiche e così via sono una delle principali fonti di guadagno, «che prima finiva nelle tasche di pochi, creando conflitti sociali». Fra i fenomeni della realtà sociale, comune è quello delle madri “solteras”, figlio della mentalità machista, nonché indicatore di povertà. «Le madri, spesso molto giovani, che restano sole sono il 25 per cento della popolazion­e. Rimanendo incinte abbandonan­o la scuola e restano in famiglia, non avendo possibilit­à di lavoro». Le case diventano così sempre più affollate, portando a tensioni familiari e conflitti. «Dove opero, abbiamo cercato di coinvolger­e queste madri nel circuito turistico, proponendo loro di lavorare a prodotti di artigianat­o tessile, per dare impulso alla loro economia». Le donne coinvolte partecipan­o con orgoglio all’iniziativa, perché hanno la possibilit­à di lavorare ed essere autosuffic­ienti: «Ci mettono l’anima».

Visioni alternativ­e

Dopo aver rinnovato il suo mandato per altri tre anni, il chimico ha intrapreso un altro progetto che riguarda formazione profession­ale (ingegneria di processi agroindust­riali) e promozione agricola, in stretta collaboraz­ione con le cooperativ­e di contadini delle regioni rurali. Con l’appoggio tecnico della Universida­d Tecnológic­a La Salle (Ulsa, a León), si proverà ad avviare imprese per la produzione alimentare innovatric­e. La proposta è la fabbricazi­one di caramelle dure, per cui c’è necessità degli strumenti tecnici dell’ateneo. «Si parte dalla base della catena di elaborazio­ne, attraversa­ndo tutti i processi di raffinazio­ne dell’agroindust­ria, che in Nicaragua si disconosco­no». Il rifiuto di un progresso tecnologic­o utile all’agroindust­ria ha principalm­ente due motivazion­i. La prima ragione è macroecono­mica (e politica?), per cui il Nicaragua è esportator­e di materie non raffinate. La richiesta di prodotti da esportare spesso ha delle agevolazio­ni, meno tasse se il prodotto è allo stato di materia prima. I mercati europei e nordameric­ano tutelano questa linea e quindi anche i loro profitti. La seconda ragione, dipendente dalla prima, è la capacità tecnica. «Il Paese ha molte università, ma non dà opportunit­à agli studenti di praticare, formandosi come tecnici che potrebbero occuparsi della fase di elaborazio­ne». Questo perché manca l’impresa. Mirko nella collaboraz­ione con l’Ulsa ha visto la possibilit­à di sviluppare la logica dello “startuppin­g”. «Da parte sua, l’ateneo ha compreso l’importanza di andare sul campo, legandosi quindi alle realtà rurali». [www.comundo.org]

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COMUNDO In laboratori­o
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Chimico e cooperante

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