Dall’Himalaya alla Patagonia, una passione per mestiere
Sul portale della Mlg Mountain Guide si può ancora leggere della spedizione di scialpinismo di sei giorni che, partita il 26 aprile, si sarebbe dovuta concludere ieri, Primo maggio, a Zermatt; e che è finita in tragedia. Il gruppo guidato da Mario Castiglioni, 59 anni comasco, contitolare dal luglio del 2015 dell’agenzia con sede a Chiasso specializzata in trekking, escursioni e alta montagna, aveva deciso di ripercorrere “la prima grande traversata delle Alpi nella storia dello scialpinismo”. Quella Haute Route che Castiglioni, alle spalle una esperienza trentennale, aveva già effettuato in passato. Il 59enne, che nella traversata era seguito dalla moglie, 52 anni di origine bulgara – che pure non ce l’ha fatta –, era un uomo di montagna esperto, e dal 1991, come si legge sul profilo del sito, aveva fatto di una passione il suo lavoro e la sua quotidianità. Nel suo fitto curriculum vantava, infatti, tre ottomila fra Nepal e Tibet – Manaslu, Cho Oyu e Shisha Pangma –, oltre a grandi montagne (come il Cerro Torre, Aconcagua e Kilimangiaro) e spedizioni sugli sci. Da alcuni anni con la compagna viveva in Valle di Muggio. In effetti aveva deciso di trasferirsi al di qua del confine, e ci aveva portato la sua attività. Castiglioni era, però, conosciutissimo a Como, dove aveva le sue radici e aveva fondato uno storico marchio, ‘Montagna Sport’. Poi era seguita un’esperienza in Valle d’Aosta, quindi appunto il Ticino e l’approdo a Chiasso. Quello di Mario Castiglioni, del resto, non era un volto sconosciuto neppure nel Mendrisiotto. Ospite della manifestazione ‘Riuniti nello sport’ a Mendrisio nel marzo del 2004, aveva condiviso con il pubblico la preparazione dell’impresa su due ottomila himalayani. A tentarla, all’epoca, era una cordata insubrica composta da 12 alpinisti, fra professionisti e appassionati, provenienti anche dal Mendrisiotto. Lui, giramondo comasco che si sentiva mendrisiense d’adozione e considerava la montagna la sua vita, si era aperto alle domande del giornalista Sergio Ostinelli. Sullo sfondo un’avventura, aveva raccontato su queste colonne, nata per gradi in un gruppo che aveva iniziato a sperimentarsi con l’ascensione, nel 1992, al Monte Elbrus in Caucaso, la cima più alta del continente europeo. Poi si era portata l’asticella sempre più in alto, fino a sognare il tetto del mondo. Arriveranno tutti in cima?, gli avevamo chiesto. “Ognuno – ci aveva spiegato – avrà il suo Ottomila con cui confrontarsi”. L’autunno successivo la spedizione era riuscita a metà: scalato il Cho Oyu fino in vetta, ci si era dovuti fermare a 500 metri dalla meta sullo Shisha Pangma a causa delle condizioni meteorologiche avverse. Una esperienza rivissuta in pubblico qualche mese dopo, in una serata a Chiasso.