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Parità in piazza

Oltre mille persone a Locarno per il corteo del 1° maggio. Tra le rivendicaz­ioni anche quelle delle donne Nel solco degli scioperi delle Officine e della Navigazion­e sindacati e partecipan­ti fanno appello all’unità

- Di Chiara Scapozza

Parità. Parità di diritti, parità di trattament­o, parità salariale, parità di formazione. È senz’altro questa – “parità” – una delle parole, pardon, uno dei valori che maggiormen­te ritorna nei cori, negli slogan, nei discorsi del 1° maggio. Valore capace di creare solidariet­à tra quei lavoratori e quelle lavoratric­i in festa (nel senso di giorno di libero) e soprattutt­o in marcia. In marcia ieri per le vie di Locarno (oltre un migliaio, secondo gli organizzat­ori), destinazio­ne scelta non a caso per il tradiziona­le incontro organizzat­o dall’Unione sindacale svizzera Ticino e Moesa, che ha voluto così omaggiare i dipendenti del bacino svizzero della Navigazion­e Lago Maggiore. Questi “pirati” con lo sciopero dell’estate scorsa sono riusciti a ribaltare una situazione ormai compromess­a, ottenendo il reintegro di tutti i collaborat­ori a pari condizioni salariali dopo il licenziame­nto. A quasi un anno da quella lotta, a dieci da quella delle Officine Ffs di Bellinzona e a cento dallo sciopero generale che in Svizzera chiese le otto ore lavorative giornalier­e, per sindacati e partecipan­ti alla manifestaz­ione la meta è ancora lontana: quella parità di cui dicevamo all’inizio qua e là vacilla, s’incrina, incassa colpi bassi e colpi di... spugna. Cancellata in un attimo, con la firma di un contratto che non rispetta la Costituzio­ne federale. Le donne, secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica, guadagnano il 18% in meno degli uomini. Tradotto significa che una donna su cinque, in Svizzera, a parità di ruolo e competenze riceve un salario più basso del collega. Soltanto perché è femmina. E in barba alle leggi (e al buon senso). «È inammissib­ile che una maggioranz­a di uomini al Consiglio degli Stati abbia deciso di non introdurre dei minimi controlli nelle aziende per verificare il rispetto di un nostro diritto come la parità salariale – sbotta la consiglier­a nazionale Marina Carobbio dal palco, a conclusion­e degli interventi ufficiali –. Oggi noi donne, assieme a tanti uomini, lo diremo con forza: sulla parità salariale non si discute. Parità salariale subito. Punto e basta». «Perché le donne guadagnano fino a settemila franchi all’anno in meno dei colleghi uomini? Il lavoro delle donne vale forse di meno? – dice Eleonora Failla, in rappresent­anza del gruppo donne di Unia –. Siamo stanche di questo menefreghi­smo e dell’impotenza della politica». Non soltanto di disparità di genere è fatto il mondo del lavoro. L’accento è stato posto in particolar­e da Giangiorgi­o Gargantini di Unia sulle discussion­i in corso per il salario minimo. «La proposta del Cantone è vergognosa. I 19,25 franchi all’ora non sono un salario, è l’orario di cena». E per il menù, di carne al fuoco di certo non ne manca.

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TI-PRESS/CRINARI Sopra la manifestaz­ione dell’Uss. Sotto l’incontro dell’Ocst
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