È comunque festa
Lugano – Tre giorni dopo è festa. Vera. Settantadue ore dopo, la delusione provata venerdì sera è solo un ricordo. Inevitabile che in casa bianconera, tra giocatori, staff e tifosi, se ne parli ancora, ma con toni decisamente più addolciti. È questa l’atmosfera che caratterizza la festa di fine stagione del Lugano, che va in scena alla Reseghina e sul piazzale antistante, dove sorge il capannone ribattezzato Dna Bianconero. Il sentimento di questa serata è riassunto alla perfezione dalle parole del presidente Vicky Mantegazza: «Stasera siamo qui a festeggiare, perché nonostante tutto un simile risultato va salutato come un successo. Non siamo riusciti a vincere il titolo, ma questa medaglia d’argento vale di più di quella d’oro, perché come squadra siamo riusciti a trasmettere valori che oggigiorno, e non solo nello sport, sono sempre più rari». Mentre la Reseghina inizia a riempirsi di persone (dove sono stati previsti 800 posti a sedere, cifra che all’atto pratico lievita fino alle quasi 3’000 unità), Johnston, in giacca grigia, si attarda all’esterno dell’impianto a firmare autografi. Furrer, invece, si concede un giro tra la folla con una delle sue figliolette in braccio. Un’altra è invece coccolata da Brunner, che siede al suo fianco al tavolo dei giocatori. C’è tanta gente, al punto che uno degli animatori deve richiamare all’ordine più d’una volta i tifosi, invitandoli a rispettare le “finestre” previste per gli autografi. Vanamente. Oltre, ovviamente, a Lapierre, uno dei più gettonati per le foto ricordo (note ai più come “selfie”) è Ireland. Dopo la cena in comune – con parecchi rimasti a bocca asciutta visto che il migliaio e mezzo di buoni pasto sono andati ben preso esauriti – sul palco salgono i protagonisti della stagione. I giocatori. Quando tocca a Furrer, la serata raggiunge il suo apice: il numero 7 è infatti ai titoli di coda della sua avventura in bianconero, e dunque questa è la sua occasione per i saluti finali, che esterna esprimendosi in italiano.