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Michelino Rebozzi, talento e leggenda!

- Di Mario Branda

Pare se la cavasse bene anche con le bocce. Tutti noi però ricordiamo Michelino Rebozzi per la sua straordina­ria umanità oltre che, naturalmen­te, per la maglia granata che vestì per molti anni. Una vera colonna eretta tra difesa e centrocamp­o. Un grande talento; per noi ragazzini, una leggenda del calcio. Fu anche allenatore dell’Us Pro Daro dove, verso la seconda metà degli anni 70, ebbi modo di conoscerlo di persona: “Nano!” era il suo modo di richiamare l’attenzione di noi giocatori imberbi, ma anche di quelli più sperimenta­ti: al suo cospetto eravamo tutti apprendist­i.

Segue dalla Prima Ricordo però anche quando alla fine di una stagione – mi pare fosse quella del 1970/71 – volle lasciare il Bellinzona per andare a… Lugano, i rivali di sempre! Un trasferime­nto all’epoca non così scontato né semplice. Un giorno a pranzo mio padre, che allora sedeva nel comitato della Pro Daro e che, pur dalla 2a lega, guardava a sua volta l’Ac Bellinzona con una certa rivalità, mi disse che si stava presentand­o un’occasione straordina­ria. Michelino Rebozzi stava per lasciare i granata e doveva andare al Lugano, ma la cosa non poteva succedere immediatam­ente. Avrebbe dovuto trascorrer­e un anno sabbatico e quell’anno lo avrebbe fatto con il Daro. Cosa, Rebozzi al Daro? Fu un colpo incredibil­e, una vera bomba. Mi ricordo la prima partita che Rebozzi giocò con il Daro, sul campo B, allora polvere, sassi, buchi: ci andai anch’io, come tutti quella domenica mattina. Cinquecent­o spettatori assiepati dietro la vecchia ringhiera di ferro. Una folla impression­ante, tutta per lui. Giocò come sapeva, segnò due o tre gol. Il Daro vinse, noi in visibilio. Molti anni dopo, quando in città capitava di incontrars­i e si andava a bere un caffè insieme, mi raccontava della sua vita di calciatore, dei suoi trasferime­nti (compreso quello al Lugano) ma anche e soprattutt­o di come per lui già all’epoca fosse importante la famiglia. E il rispetto per gli amici e i compagni di squadra, il rispetto per le cose importanti della vita. Ora una malattia lo ha portato via. Se ne è andato in punta di piedi con la dignità di sempre. Noi lo ricordiamo con affetto. Una colonna granata.

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