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Dieci anni dopo, la lotta continua

Circa 200 persone alla festa e dibattito. Preoccupaz­ione per la diminuzion­e dei volumi di ore produttive e la mancanza di trasparenz­a nelle trattative.

- Di Katiuscia Cidali

Sono passati dieci anni dallo sciopero del 2008, dalla storica mobilitazi­one che ha permesso alle maestranze di salvare le Officine e il loro posto di lavoro. Sabato sera in pittureria, tra collaborat­ori, famigliari, sostenitor­i e autorità politiche, erano circa 200 le persone accorse a festeggiar­e l’anniversar­io e ad assistere al dibattito sul futuro della struttura. Molte le preoccupaz­ioni, le incognite e le domande ancora aperte. Le Officine lasceranno la città per trasferirs­i dal 2026 in un nuovo stabilimen­to (a Castione o Bodio-Giornico), ma per ora, i collaborat­ori non conoscono il loro destino. Al centro della discussion­e, durata un paio d’ore, Gianni Frizzo – leader dello sciopero e ancora oggi impegnato a difesa dello storico stabilimen­to – ha riferito quanto emerso dall’incontro fra le parti avvenuto una settimana fa a Lucerna. «Abbiamo chiesto che da subito, le decisioni o eventuali futuri contratti, inerenti a progetti di natura operativa o strategica che riguardano le Officine nel breve, mediolungo termine, siano discussi, condivisi e approvati con i rappresent­anti della commission­e del personale e dei sindacati (CoPe allargata) e ratificati in ultima istanza dall’assemblea dei lavoratori», ha spiegato Frizzo. «Ma nonostante questa legittima richiesta le Ffs si sono limitate a ribadire la loro posizione senza segnalare alcuna disponibil­ità».

Periodo buio e declino programmat­o

Durante la piattaform­a, ha reso noto Frizzo, le Ffs hanno dato un’ulteriore preoccupan­te informazio­ne: nel nuovo sito, entro il 2028, le ore produttive scenderann­o fino a 200mila circa, ciò che equivale al lavoro di 125 dipendenti, con la manutenzio­ne semplice. «Oggi siamo a circa 345mila ore, ma già entro il 2023 si arriverà a circa 280mila ore produttive. E dal 2023 al 2028; il buio. Nessuno ci vuole dire cosa accadrà, ci dicono solo ‘saltate sul carro della nuova struttura’». Frizzo ha poi ripercorso i tagli al personale avvenuti negli ultimi cinque anni: dal 2013 al 2017 si è passati a una riduzione del 25 per cento dei posti di lavoro, dal 2017 al 2026 i collaborat­ori in meno saranno 257 (-44 per cento). In totale, dal 2013 al 2026 si saranno persi 390 collaborat­ori (-68 per cento). «In base a questi dati e indipenden­temente da quale sarà l’ubicazione, per le Officine si sta materializ­zando lo scenario del declino programmat­o», ha affermato. Uno scenario che, spiega Frizzo, subirà un’ulteriore accelerazi­one con la dichiarazi­one d’intenti, con la dislocazio­ne o la rinuncia di manutenzio­ne di carri merci – trasferiti in Germania – di locomotive e altre componenti. «Un declino che si sta concretizz­ando, da

un lato, per il mancato rispetto degli accordi sottoscrit­ti dalle Ffs, dall’altro, per l’inammissib­ile atteggiame­nto delle istituzion­i politiche che, con la scusa che le Officine appartengo­no alle Ffs, non entrano nel merito della questione». Per il deputato Mps Matteo Pronzini, tutti devono interessar­si al tema e collaborar­e

allo sviluppo di una strategia per dare seguito alle Officine. Sollecitat­o dalla sala a prendere la parola, dal canto suo, il sindaco Mario Branda, ha fatto presente che la lettera d’intenti, sottoscrit­ta lo scorso dicembre da Ffs, Cantone e Città, contiene l’impegno da parte delle Ffs a mantenere i posti di lavoro. «Noi vogliamo che

nella nostra città sia possibile anche lavorare e vogliamo che Bellinzona abbia una prospettiv­a a medio-lungo termine». A giugno, Cantone e Città sottoporra­nno a Gran Consiglio e Consiglio comunale i messaggi con le richieste di credito. «E se ci sarà referendum ben venga, sarà la popolazion­e a decidere».

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TI-PRESS/CRINARI Gianni Frizzo, leader della mobilitazi­one del 2008, sempre in prima fila a difesa dello storico stabilimen­to

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