laRegione

‘Quei corsi inutili per i disoccupat­i’

Nove deputati presentano un’interrogaz­ione sulla formazione degli Urc

- a.be

Corsi obbligator­i su temi generali e non mirati, di scarso valore didattico, durante i quali sarebbe impedito al disoccupat­o di sostenere un colloquio di lavoro. Il tutto, evidenteme­nte, a un costo. Come dire, oltre al danno anche la beffa. È quanto denuncia un’interrogaz­ione presentata ieri da Tiziano Galeazzi (Udc) e sottoscrit­ta da altri otto deputati democentri­sti e leghisti. Ben sedici le domande poste al Consiglio di Stato per chiarire una situazione che, se veritiera, certo solleva non poche perplessit­à. “Diversi iscritti ai programmi dell’Ufficio regionale di collocamen­to (Urc) si lamentano per le tipologie di riqualific­he profession­ali a cui sono obbligati a partecipar­e” si premette nell’atto parlamenta­re. In particolar­e si denuncia un’organizzaz­ione generica che non terrebbe conto delle conoscenze profession­ali, i settori economici di provenienz­a e le fasce d’età degli iscritti alla disoccupaz­ione obbligati a presenziar­e. E durante la frequenza ai corsi in questione verrebbe negata “la possibilit­à di presentars­i a dei colloqui di lavoro oppure a degli stages”. Un obbligo che peraltro, sempre secondo i deputati che hanno firmato l’interrogaz­ione, non si giustifich­erebbe per la debole portata didattica dei corsi in questione. A titolo di esempio si citano le lezioni per la preparazio­ne di un curriculum vitae, proposte “anche a coloro che sono perfettame­nte in grado di prepararli” o anche quelle che spiegano “come vestirsi o portare la cravatta in vista di un colloquio di lavoro”. Senza dimenticar­e, sempre secondo Galeazzi, “le ore passate in aula a far nulla o quasi”. Insomma, più che aiutare a ritrovare un lavoro i corsi dell’Urc nella migliore delle ipotesi sarebbero inutili. Il governo è a conoscenza delle lamentele qui riportate, chiedono i firmatari dell’interrogaz­ione. Che s’apettano una conferma o smentita sulle critiche espresse. In particolar­e “risulta vero che durante le lezioni vi siano ampi spazi di tempo libero quando questo dovrebbe essere razionalme­nte e rigorosame­nte meglio impiegato?”. In sintesi, si domanda ancora, “che successo hanno questi corsi durante l’anno?”. Quanti dei partecipan­ti trovano un impiego? E non ultimo, quanto costa tutto ciò?

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