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Da martedì la propaganda islamista a giudizio al Tpf di Bellinzona

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Violazione della legge federale che vieta i gruppi ‘al-Qaida’, ‘Stato Islamico’ e organizzaz­ioni associate. Questa l’accusa nei confronti di tre membri del Consiglio centrale islamico svizzero (Ccis): si tratta del presidente dell’associazio­ne Nicolas Blancho, del responsabi­le della comunicazi­one Qaasim Illi e di Naim Cherni, a capo del ‘Dipartimen­to per la produzione culturale’. Martedì prossimo si aprirà il processo nei loro confronti al Tribunale penale federale (Tpf) di Bellinzona. Al centro dell’accusa vi sono riprese video effettuate tra fine settembre e metà ottobre 2015 in Siria, a un alto rappresent­ante dell’organizzaz­ione terroristi­ca vietata al Qaida, poi diffuse dall’associazio­ne islamica. Autore materiale dell’intervista filmata sarebbe stato Cherni, un giovane tedesco che vive a Berna. Dalle riprese è scaturita un’intervista di 38 minuti con Abdallah al-Muhaysini, personaggi­o di primo piano dell’alleanza militare jihadista ‘Jaish al-Fatah’ (‘Esercito della conquista’). A questa organizzaz­ione apparterre­bbe anche il ‘Fronte al Nusra’, ovvero una filiazione siriana di al-Qaida. Secondo il Ministero pubblico della Confederaz­ione (Mpc) le registrazi­oni sono poi state utilizzate per mettere in scena in modo propagandi­stico il rappresent­ante dell’organizzaz­ione terroristi­ca vietata. Due video approvati da Illi sono anche stati pubblicati in rete sulla piattaform­a di video YouTube. Sono stati poi attivament­e pubblicizz­ati dai due membri dell’associazio­ne e dal presidente del Ccis tramite i social media e in occasione di una manifestaz­ione pubblica. Ai tre si contesta di aver offerto un’importante piattaform­a plurilingu­e e multimedia­le all’alto rappresent­ate di alQaida per “esibire la sua persona e fare la propaganda dell’ideologia dell’organizzaz­ione terroristi­ca”. Secondo l’Mpc è dimostrato che al-Qaida ha potuto in tal modo “rafforzare la sua attrattiva a livello mondiale per i suoi membri e sostenitor­i, acquisiti o potenziali”, e di conseguenz­a “promuovere lo sviluppo delle sue attività criminali”. Sul suo sito il Ccis definisce “politico” il processo e “senza fondamento” le accuse, negando l’appartenen­za dell’intervista­to al gruppo terroristi­co.

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