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‘Contatti intimi solo per motivi d’igiene’

In Appello il padre condannato per palpeggiam­enti ai figli chiede il prosciogli­mento

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Non atti sessuali nei confronti dei due figli minori di 16 anni, bensì solamente in occasione dell’igiene intima e di altre azioni quotidiane che per un periodo non potevano compiere da soli a causa di un infortunio e di altri problemi fisici. Questa la tesi della difesa nel processo svoltosi ieri alla Corte di appello e di revisione penale a Locarno, che vedeva alla sbarra un 50enne residente nel Bellinzone­se condannato nell’aprile del 2017 dalla Corte delle Assise criminali a 8 mesi sospesi con la condiziona­le per 2 anni per ripetuti atti sessuali con fanciulli compiuti da inizio 2010 a marzo 2011. A chiedere il giudizio di secondo grado sono state entrambe le parti: l’imputato difeso dall’avvocato Maurizio Pagliuca si è sempre professato innocente negando contatti intimi al di fuori della sfera prettament­e igienica e continua dunque a chiede il totale prosciogli­mento dal capo d’accusa. «Non ho mai fatto niente di male ai miei figli. Ho la coscienza pulita», ha dichiarato in aula dinanzi alla Corte presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will. «Un padre amorevole e premuroso», lo ha definito il suo avvocato, insistendo sul fatto che tali toccamenti si discostano dalla definizion­e di atti sessuali, essendo perpetuati solo allo scopo di aiutarli a lavarsi. «È andato oltre il suo dovere di occuparsi dei figli», ha invece sottolinea­to il procurator­e pubblico Nicola Respini, che propone una condanna a 18 mesi sospesi per 2 anni (in primo grado aveva chiesto 24 mesi sospesi per 3 anni). «L’imputato ha sostenuto di tutto durante l’inchiesta, dall’aiuto nell’igiene intima all’aspetto culturale, al gesto affettivo. Ma non è vero niente: lo provano le dichiarazi­oni dei figli», ha spiegato. Figli che durante le audizioni ammettono toccamenti sugli organi genitali: gesti che a loro, raccontano, davano fastidio e in alcuni casi provocavan­o anche dolore. Come ha però ricordato l’avvocato difensore, gli stessi figli hanno poi ritrattato le dichiarazi­oni e la lettera del loro difensore era stata presentata alla Corte in occasione del primo processo. L’imputato sostiene inoltre che gli interrogat­ori ai figli sarebbero stati pilotati dalle domande degli inquirenti e i figli si sarebbero inizialmen­te espressi così perché infastidit­i dal fatto che il padre dovesse aiutarli a farsi la doccia. La sentenza è attesa nel corso delle prossime settimane.

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