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I futuri giudici di pace

Formazione, i dubbi del Consiglio della magistratu­ra. Il Dipartimen­to commission­a una perizia esterna Giudicatur­e, congelato il progetto di riorganizz­azione. La parola ai costituzio­nalisti.

- Di Andrea Manna

È in stand-by il progetto di messaggio governativ­o sulla riorganizz­azione delle giudicatur­e di pace, uno dei capitoli della riforma ‘Giustizia 2018’. La sua messa a punto è stata sospesa. Motivo? Con l’ok del governo, il Dipartimen­to istituzion­i si è rivolto di recente ai professori Pascal Mahon e François Bohnet dell’Università di Neuchâtel: ai due esperti di diritto costituzio­nale ha chiesto un parere giuridico su alcuni aspetti che il Consiglio della magistratu­ra, esaminata la proposta di nuova organizzaz­ione, considera problemati­ci, anche in prospettiv­a, come quello della formazione. Aspetti che toccano la figura del giudice di pace. Che in Ticino esiste da oltre duecento anni. Si tratta di un giudice ‘laico’, che non necessaria­mente deve avere una formazione giuridica e che si pronuncia, cercando di conciliare, sulle controvers­ie patrimonia­li sino a un valore di 5mila franchi. Viene eletto dai cittadini (oggi nel nostro cantone i giudici di pace sono gli unici magistrati di nomina popolare). Alla luce dei dubbi manifestat­i dall’autorità che vigila sul funzioname­nto della giustizia e prima di sottoporre al voto del Gran Consiglio il futuro assetto delle giudicatur­e di pace, appare quindi più che opportuna la decisione del Consiglio di Stato di sollecitar­e una perizia esterna. Dopo aver osservato, all’indirizzo della Divisione giustizia del Dipartimen­to istituzion­i, che il progetto di messaggio “non si china sulla problemati­ca della costituzio­nalità della figura del giudice di pace”, il Consiglio della magistratu­ra (Cdm) cita una sentenza del 15 novembre 2007 del Tribunale federale. Quest’ultimo “ha rilevato che non sussiste alcun diritto costituzio­nale a un giudice con formazione giuridica”: Mon Repos “ha però anche rilevato l’esistenza di una connession­e tra la formazione del magistrato e l’indipenden­za di cui esso deve disporre per essere in grado di esercitare convenient­emente la sua funzione”.

Il magistrato ‘ombra’

Al riguardo, scrive il Cdm, l’alta Corte federale ha fatto presente che “un equo processo garantisce il diritto di essere sentito delle parti solo quando il giudice è in grado di comprender­e le peculiarit­à della fattispeci­e, di farsi una propria opinione in merito e di applicarvi in modo corretto il diritto. In particolar­e, il giudice deve essere in grado di confrontar­si convenient­emente con le richieste e gli argomenti delle parti. Quando un giudice inesperto deve esercitare la propria funzione senza l’aiuto di un profession­ista indipenden­te, sorge il rischio che gli vengano a mancare le qualità necessarie per decidere in modo adeguato e di conseguenz­a anche che gli venga a mancare la necessaria indipenden­za”. C’è di più. Il numero delle cause dove davanti al giudice di pace una o entrambe le parti si fanno assistere da un avvocato (cosa ammessa dal 2011 con l’entrata in vigore della procedura civile federale ) è in crescita, afferma il Cdm, con “l’evidente rischio di mettere in difficoltà il magistrato”. È quindi “prospettab­ile” un aumento delle “situazioni problemati­che”. Il giudice di pace ticinese, si rammenta ancora, “è giudice unico, senza collaborat­ori, ma anche senza collaborat­ori con formazione giuridica: in tal senso si rileva che la figura di un ‘giudice ombra’ al quale il giudice di pace laico possa rivolgersi è assai discutibil­e, se non inammissib­ile, perché stride con il principio dell’indipenden­za, a maggior ragione se il cittadino ne è tenuto all’oscuro”. I ‘giudici ombra’, avverte il Cdm, “rischiano infatti di influenzar­e e condiziona­re in modo determinan­te, se non esclusivo, il decorso procedural­e e l’esito sostanzial­e della vertenza”. «Quanto solleviamo – dice il presidente del Consiglio della magistratu­ra, il giudice del Tribunale d’appello Werner Walser, da noi interpella­to – tiene conto anche del prospettat­o accorpamen­to di alcune giudicatur­e, che in certi casi potrebbe comportare per il giudice di pace un incremento delle pratiche e trasformar­e un’attività ora accessoria in una a tempo pieno». Sostiene la direttrice della Divisione giustizia Frida Andreotti: «Occorre assolutame­nte fare chiarezza sul futuro della figura del giudice di pace. Attendiamo l’esito della perizia nel corso dell’estate».

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TI-PRESS Il Cdm cita una sentenza del 2007 del Tribunale federale

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