Tre sfumature di rosso
L’Mps si presenterà con il Pop alle prossime cantonali. In corsa solitaria, invece, Ps e Pc (per ora...) Anche i Verdi avranno liste autonome sia per il governo sia per il parlamento
Una lista «di sinistra, anticapitalista, comunista, socialista». È questa la risposta a «un governo neoliberale» che, in vista delle prossime cantonali, mettono in campo Movimento per il socialismo (Mps) e Partito operaio e popolare (Pop) e illustrata ieri in conferenza stampa. Una forza «sia per il Consiglio di Stato sia per il parlamento, ma fermamente d’opposizione, perché il nostro posto è questo» spiega Giuseppe Sergi, coordinatore dell’Mps. Una forza «che non si presenta in alternativa a nessun partito, né al Ps né ai Verdi, ma a tutto il governo». E se fosse proprio la presenza di questa lista a provocare l’uscita del Ps dal Consiglio di Stato? «Se succedesse, non sarebbe merito nostro ma demerito loro – risponde Leonardo Schmid, segretario del Pop –; per quello che ci riguarda, che il Ps sia o non sia in governo non è un nostro problema. Anche perché non si sono visti risultati che dimostrino come la loro presenza sia determinante, anzi». Insomma, lotta dura e senza paura «per difendere i salariati e i dipendenti, aprendoci agli scontenti, alle forze, anche della società civile, che si riconoscono nei nostri valori e hanno i nostri obiettivi». Chi non farà parte dell’alleanza è il Partito comunista, che pure fa gruppo assieme all’Mps. A precisa domanda della ‘Regione’, Sergi replica di non vedere «punti in comune tra l’attività e la linea seguita da Matteo Pronzini dell’Mps e l’altro deputato». Massimiliano Ay, l’altro deputato in questione e segretario del Pc, da noi interpellato ha affermato come a suo avviso «nell’Mps più che l’unità della sinistra abbiano a cuore la volontà di fare i primi della classe. Non capiamo la loro volontà di escluderci, ma prendiamo atto e andiamo avanti». Un percorso che «il Pc non ha paura di affrontare da solo, ma il nostro avversario è la destra, non il Partito socialista. Per questo motivo restiamo disponibili ad alleanze con tutto il fronte progressista, mantenendo comunque come priorità il mostrare un Pc che esiste e che vuol fare opposizione». Un’opposizione, quella di Ay, che è «costruttiva, non all’insegna di azioni suicide come questa lista messa in campo dall’Mps e dal Pop. Ribadisco, il nostro obiettivo è contrastare la destra. E in quest’opera, a nostro avviso, ha più senso lavorare su ciò che a sinistra ci accomuna, piuttosto che sulle nostre differenze». «Noi siamo in governo e in governo vogliamo rimanere – risponde dal canto suo Igor Righini, presidente del Ps – perché il nostro partito è l’unico che può controbilanciare le decisioni in Consiglio di Stato». Il Partito socialista, lo dimostra il recente voto sulla riforma fiscale, ha diverse sensibilità al proprio interno, «ma esattamente come accade con Ppd, Plr o Lega. Il nostro obiettivo è di rappresentarle tutte degnamente nelle liste che proporremo» spiega Righini che, alla testa di un partito definito da Sergi come «social-liberale» gli risponde da par suo:
«Saranno aperti a chi condivide le loro idee, ma questa apertura parte da tutta una serie di porte chiuse, e che hanno chiuso loro. Hanno aperto al Pop, chiudendo la porta al Partito comunista e ad altri movimenti come Forum Alternativo. L’Mps – insiste il presidente socialista – generalmente agisce come un movimento fine a se stesso, che non sa fare un discorso vero di apertura. Da una parte vanno bene questi movimenti, bisogna però capire fino a che punto riescono ad avere un’incisività, una produttività politica». Anche i Verdi andranno da soli. «L’ha deciso il nostro comitato cantonale – ricorda da noi interpellato Ronnie David, uno dei coordinatori del movimento –, ci presenteremo sia per il Consiglio di Stato sia per il Gran Consiglio. Siamo in una fase di profondo rinnovamento, soprattutto generazionale, e intendiamo profilarci con tutto l’impegno possibile». Nulla impedirà, comunque, di continuare a collaborare con il Ps e tutta l’area progressista. «Certo, su alcuni dossier abbiamo lavorato insieme condividendo opinioni e idee. Ma su altri, ad esempio la riforma fiscale o sui temi economici in genere, la divisione è stata netta» chiosa David.