Prove di Terza Repubblica
Italia, intesa sul ‘contratto’ fra Lega e Cinquestelle per il nuovo governo. Spunta una bozza
Giustizialismo, reddito di cittadinanza, no all’austerity e niente flat tax.
E un sinistro ‘Comitato di conciliazione’.
Il governo vero non è ancora nato, ma i suoi stessi padrini hanno già pensato a quello ombra. È la prima cosa che viene in mente leggendo il ‘Contratto per il governo del cambiamento’ fra Lega e Cinquestelle, sul quale si è raggiunto l’accordo ieri sera.
Fin dalle prime pagine si concorda infatti la creazione di un ‘Comitato di conciliazione’ per comporre futuri dissensi fra leghisti e M5S. In pratica, ogni volta che i due partiti dovessero battibeccare sulle scelte del governo o su tematiche non previste dal contratto – incluse “crisi internazionali, calamità naturali, problemi di ordine e salute pubblica” – sarà il Comitato a dirimere la controversia con maggioranza di due terzi.
Comitato che sarà sì informale, ma riunirà l’ancora ignoto presidente del Consiglio, i due leader, i capigruppo dei partiti alle due Camere e il ministro di volta in volta competente, insieme ad altri “eventuali soggetti”. Tanto, troppo per non temere che il Comitato subordini ai partiti l’attività del governo, in barba al dettato costituzionale.
Giustizia e conflitto d’interessi
Altro tema cruciale è il conflitto d’interessi, data l’ipoteca messa da Silvio Berlusconi sul governo in cambio della sua ‘astensione benevola’. E qui s’ode il timbro di voce pentastellato, che definisce il conflitto come “l’interferenza tra un interesse pubblico e un altro interesse, pubblico o privato, che possa influenzare l’esercizio obiettivo, indipendente e imparziale di una funzione pubblica”. Ma è una voce flebile: la dichiarazione non si traduce in precise indicazioni di legge. Vaga è pure la richiesta di estendere eventuali sanzioni anche a “incarichi non governativi”.
Il capitolo giustizia raccoglie invece lo spirito di entrambi i partiti. Oltre alla “riforma ed estensione” della legittima difesa, cavallo di battaglia leghista, ci sono rivendicazioni d’assalto che i grillini ritengono imprescindibili: la riforma della prescrizione; la svolta anticorruzione “aumentando le pene per i reati contro la pubblica amministrazione”, e introducendo “l’agente sotto copertura” e “l’agente provocatore”; il “potenziamento” delle intercettazioni. E poi più tribunali, più carceri e la richiesta di abrogare le leggi in materia della precedente legislatura.
Europa ed economia
Dopo che una prima bozza aveva inquietato Bruxelles e i mercati, scompaiono la richiesta di un meccanismo per uscire dall’euro e quella di default sul debito Bce legato al quantitative easing: ora si parla semplicemente di non conteggiarlo nel rapporto deficit/Pil che l’Ue limita al 3% e di scorporare la spesa per investimenti pubblici dal debito. Si chiederebbe poi una riforma dei trattati sulla spesa pubblica (la quale però esige l’unanimità degli Stati membri). Poco di concreto sui respingimenti di migranti, sogno di Salvini: si invoca la riforma del sistema di Dublino e del “business dell’immigrazione”, oltre a rimpatri rapidi, ma si resta sul vago. Via anche il dogma (leghista) dell’imposizione fiscale non progressiva: la flat tax dovrebbe sdoppiarsi in due aliquote diverse per garantire la progressività dell’imposta. Come da Costituzione, stavolta.
Resta invece il reddito di cittadinanza, ridotto però a un sussidio di disoccupazione da 780 euro, in parte sostenuto con fondi Ue. O almeno si spera.