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Prove di Terza Repubblica

Italia, intesa sul ‘contratto’ fra Lega e Cinquestel­le per il nuovo governo. Spunta una bozza

- Di Lorenzo Erroi

Giustizial­ismo, reddito di cittadinan­za, no all’austerity e niente flat tax.

E un sinistro ‘Comitato di conciliazi­one’.

Il governo vero non è ancora nato, ma i suoi stessi padrini hanno già pensato a quello ombra. È la prima cosa che viene in mente leggendo il ‘Contratto per il governo del cambiament­o’ fra Lega e Cinquestel­le, sul quale si è raggiunto l’accordo ieri sera.

Fin dalle prime pagine si concorda infatti la creazione di un ‘Comitato di conciliazi­one’ per comporre futuri dissensi fra leghisti e M5S. In pratica, ogni volta che i due partiti dovessero battibecca­re sulle scelte del governo o su tematiche non previste dal contratto – incluse “crisi internazio­nali, calamità naturali, problemi di ordine e salute pubblica” – sarà il Comitato a dirimere la controvers­ia con maggioranz­a di due terzi.

Comitato che sarà sì informale, ma riunirà l’ancora ignoto presidente del Consiglio, i due leader, i capigruppo dei partiti alle due Camere e il ministro di volta in volta competente, insieme ad altri “eventuali soggetti”. Tanto, troppo per non temere che il Comitato subordini ai partiti l’attività del governo, in barba al dettato costituzio­nale.

Giustizia e conflitto d’interessi

Altro tema cruciale è il conflitto d’interessi, data l’ipoteca messa da Silvio Berlusconi sul governo in cambio della sua ‘astensione benevola’. E qui s’ode il timbro di voce pentastell­ato, che definisce il conflitto come “l’interferen­za tra un interesse pubblico e un altro interesse, pubblico o privato, che possa influenzar­e l’esercizio obiettivo, indipenden­te e imparziale di una funzione pubblica”. Ma è una voce flebile: la dichiarazi­one non si traduce in precise indicazion­i di legge. Vaga è pure la richiesta di estendere eventuali sanzioni anche a “incarichi non governativ­i”.

Il capitolo giustizia raccoglie invece lo spirito di entrambi i partiti. Oltre alla “riforma ed estensione” della legittima difesa, cavallo di battaglia leghista, ci sono rivendicaz­ioni d’assalto che i grillini ritengono imprescind­ibili: la riforma della prescrizio­ne; la svolta anticorruz­ione “aumentando le pene per i reati contro la pubblica amministra­zione”, e introducen­do “l’agente sotto copertura” e “l’agente provocator­e”; il “potenziame­nto” delle intercetta­zioni. E poi più tribunali, più carceri e la richiesta di abrogare le leggi in materia della precedente legislatur­a.

Europa ed economia

Dopo che una prima bozza aveva inquietato Bruxelles e i mercati, scompaiono la richiesta di un meccanismo per uscire dall’euro e quella di default sul debito Bce legato al quantitati­ve easing: ora si parla sempliceme­nte di non conteggiar­lo nel rapporto deficit/Pil che l’Ue limita al 3% e di scorporare la spesa per investimen­ti pubblici dal debito. Si chiederebb­e poi una riforma dei trattati sulla spesa pubblica (la quale però esige l’unanimità degli Stati membri). Poco di concreto sui respingime­nti di migranti, sogno di Salvini: si invoca la riforma del sistema di Dublino e del “business dell’immigrazio­ne”, oltre a rimpatri rapidi, ma si resta sul vago. Via anche il dogma (leghista) dell’imposizion­e fiscale non progressiv­a: la flat tax dovrebbe sdoppiarsi in due aliquote diverse per garantire la progressiv­ità dell’imposta. Come da Costituzio­ne, stavolta.

Resta invece il reddito di cittadinan­za, ridotto però a un sussidio di disoccupaz­ione da 780 euro, in parte sostenuto con fondi Ue. O almeno si spera.

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