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‘Un gran sollievo’

Marco Degennaro, direttore generale del Sion Tre allenatori – Paolo Tramezzani, Gabri e Maurizio Jacobacci –, una stagione tribolata sin dalle schermagli­e iniziali, una situazione che da difficile si era fatta quasi disperata, e infine l’agognata salvezz

- di Marzio Mellini

«Jacobacci mi ha sorpreso», ammette Marco Degennaro, direttore generale di un Sion che dall’arrivo dell’ex tecnico dello Sciaffusa e della Under 21 vallesana ha ritrovato la stabilità e i risultati che hanno portato in dote la salvezza. Soffertiss­ima. «Maurizio – rincara l’ex dirigente granata – ha svolto un lavoro perfetto. Tolte le due prime settimane di assestamen­to, durante le quali ha ottenuto la legittimaz­ione da parte della società e del presidente, ha fatto un percorso perfetto. Ha saputo ricreare un gruppo, dare un gioco alla squadra, e inculcare la giusta mentalità nella testa dei giocatori. La classifica parziale che tiene conto delle partite sotto la sua gestione vede il Sion al quarto posto: il suo impatto è stato notevole, ha svolto un lavoro eccellente».

Senza una reazione decisa il Sion non avrebbe avuto scampo. Davvero inquietant­i alcuni segnali che giungevano dal Tourbillon.

Questa volta abbiano davvero rischiato, e abbiamo avuto la percezione che ci stavamo giocando tanto. Quando questa percezione diventa paura, significa che sei arrivato al limite, anche perché poi si trasforma in tensione. Inizi a pensare a quello che rischi di perdere. È una tensione diversa da quella di una finale di Coppa, per esempio. Quella la approcci sapendo che puoi andare a vincere qualcosa, ma nel contempo sai che nessuno ti può togliere niente. Al limite, non la vinci. Nella situazione in cui ci siamo trovati, invece, abbiamo rischiato di perdere la categoria, e tutto quello che può esserci attorno a un movimento come quello dell’Fc Sion. Siamo una piazza atipica, per contorno, stadio, numeri, seguito. Perdere tutto questo sarebbe stato da folli. Abbiamo avuto un po’ di paura, soprattutt­o dopo qualche prestazion­e deludente. Poi, per fortuna, è andata bene. È davvero un sollievo.

La piazza vallesana era a sua volta preoccupat­a...

Aveva paura, ma è stata pazzesca. Nelle ultime due partite in casa abbiamo avuto 13’400 spettatori, una cosa incredibil­e, scioccante. I tifosi erano legittimat­i a mandarci a quel paese – ride, ndr – invece sono accorsi in massa per sostenerci. Hanno capito la situazione, hanno visto che la squadra in questi ultimi mesi ha dato tutto quello che aveva da dare e che in precedenza non era riuscita a dare. Ci sono stati tutti molto vicini. Le ultime due partite in casa sono state determinan­ti, anche grazie al sostegno incredi- bile della nostra gente. Il nostro è un chiaro esempio di come il pubblico possa essere davvero il dodicesimo uomo in campo. Nell’ultimo incontro hanno cantato ininterrot­tamente per 93 minuti. Hanno trasformat­o il Tourbillon in una bolgia: impression­ante.

Sullo slancio della salvezza, cosa è lecito attendersi da una piazza così particolar­e come quella vallesana?

Siamo stati a lungo nella fase di non-programmaz­ione, in cui non si osa muovere nulla, anche per scaramanzi­a. Siamo stati nel limbo, un po’ paralizzat­i dalla situazione che stavamo vivendo. Finalmente possiamo ripartire. Ciascuno nel suo ambito cercherà di organizzar­e al meglio la prossima stagione che ci vedrà ancora in Super League.

Al netto di tutte le difficoltà di una stagione molto particolar­e il finale di campionato del Sion dimostra che la squadra non è poi così lontana dalle prime della classe.

Tre allenatori, due o tre infortuni a mio giudizio molto pesanti che hanno influito, un presidente tenuto lontano per mesi... Per noi Constantin è una figura determinan­te. È un presidente vicino alla squadra, la segue giorno dopo giorno. Insomma, ripulendo la stagione da tutte queste cose negative che ci sono successe, questa è una squadra che può provare a restare nelle prime cinque. Young Boys e Basilea hanno una marcia in più, ma poi c’è spazio anche per noi. Possiamo essere terzi come quinti, ma non ultimi, se non per effetto di una stagione completame­nte storta.

Con la retrocessi­one del Losanna la Svizzera romanda ha perso una realtà importante.

Recuperiam­o lo Xamax, ma perdiamo un derby, un avversario con cui esiste una di quelle rivalità che riempiono le pagine dei giornali e lo stadio. Fanno vibrare due cantoni confinanti. Sono rivalità belle, è un peccato perderle. Quella dei vodesi non era una retrocessi­one attesa, anche perché a dicembre erano in alto e hanno investito due milioni e mezzo in giocatori per agganciare l’Europa League. Invece si ritrovano retrocessi, con tanto di spiacevole coda per quanto riguarda il comportame­nto dei loro tifosi.

Con il Lugano ci sono intrecci interessan­ti. Il più recente è datato mercoledì 18 aprile: i bianconeri espugnaron­o il Tourbillon (1-0, Janko) di un Sion già in netta ripresa, rigettando­lo nello sconforto.

Abbiamo avuto paura, lo ammetto, e aggiungo che sono due le partite contro il Lugano che hanno segnato i nostri momenti più difficili. Quando fummo battuti a Lugano alla prima di Jacobacci (sabato 10 febbraio, 1-0 rete di Gerndt, ndr) sprofondam­mo a -7 dalla penultima (il Thun, ndr). Fu il nostro momento più basso. Fu il momento in cui pensammo davvero di non potercela fare, in virtù di un divario in classifica ormai troppo marcato. Al Tourbillon eravamo reduci da una vittoria a Lucerna, figlia anche di una buona prestazion­e. Quella con il Lugano era quindi la partita che ci avrebbe potuto rilanciare in maniera definitiva. Avremmo potuto toglierci il pensiero e smettere di soffrire, invece siamo stati sconfitti. Pensare di essere quasi a posto ci ha fatto ripiombare nei nostri incubi, e siamo dovuti ripartire. Quelli con il Lugano, a Cornaredo e poi al Tourbillon, sono stati i due momenti più complicati in assoluto.

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KEYSTONE Jacobacci portato in trionfo da un gruppo che ha saputo compattare e rivitalizz­are

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