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Aspettando la Palma d’oro

In concorso arriva la lucida condanna delle ingiustizi­e della libanese Nadine Labaki, mentre alla Semaine de la Critique…

- Dall’inviato Ugo Brusaporco

Mentre la Croisette si sta svuotando – gli operatori del mercato se ne sono già andati a inizio settimana e molti giornalist­i vittime di un Festival dai messaggi confusi se ne sono già partiti imprecando – quelli che sono restati danno vita al solito tentativo di indovinare chi vincerà la Palma d’Oro. I favoriti sono sempre gli stessi: ‘Leto’(L’estate) del russo Kirill Serebrenni­kov, lo svizzero ‘Le livre d’image’ del maestro Jean-Luc Godard, ‘3 Face’(3 Visi) di Jafar Panahi, ‘Dogman’ di Matteo Garrone, ‘En Guerre’ di Stéphane Brizé, ‘Manbiki Kazoku’ (Un affare di famiglia) di Kore-Eda Hirokazu e ‘Zimna Wojna’ (Cold War) di Pawel Pawlikowsk­i. Un gruppo di film e autori di gran rilievo e meritevoli tutti di un premio, ma che cosa deciderà la Giuria guidata da Cate Blanchett, un’attrice che anche qui si è spesa molto in nome della parità dei ruoli nel cinema? E proprio in questo finale è giunto sullo schermo ‘Capharnaüm’ realizzato da una donna, la libanese Nadine Labaki, una che sa fare cinema, che sa raccontare con lucidità il tempo in cui viviamo. Qui vediamo un ragazzo di dodici anni, Zain (un intensissi­mo e commuovent­e Zain Alrafeea) in un’aula di tribunale dove ha fatto mettere sotto accusa i genitori. Il giudice gli chiede perché lo ha fatto e il bambino risponde: “Per avermi dato la vita”. Ma che vita? Che vita gli hanno dato, lo abbiamo visto: da solo sulle strade di una città dove i senza documenti sono la maggioranz­a, dove non esiste una protezione per i bambini senza cognome. Lo abbiamo visto curare un altro bambino ben più piccolo e abbandonat­o, e si tratta proprio di curarlo, come fa un uccello con il piccolo appena nato, solo che Zain lo porta fuori dal nido dalla fatiscente baracca in cui sono costretti a vivere finché non si trova un trasporto per un mondo che, poiché si trova a occidente, sembra migliore. Zain non è arrabbiato, è deluso dalla fatica che fa per nutrirsi e nutrire il piccolo, che scopre non essere stato abbandonat­o dalla madre – arrestata in quanto senza documenti –, è deluso da una mancanza di luce, non ha un’idea di un futuro diverso dal fuggire, ma vede intorno a sé montagne ardue da superare da solo. E quando scopre che sua madre è ancora incinta, guarda i suoi fratellini, troppi per avere una speranza, e allora a una Tv dice: basta, non si possono mettere al mondo dei figli così, tanto per figliare. E davanti al giudice lo spiega: quella donna che si dice essere sua madre e quell’uomo che vuol chiamarsi suo padre, non sono i suoi genitori, perché i genitori sono una cosa diversa. E guarda piangere la giovane donna che uscita di carcere piange dopo aver ritrovato il suo bambino. Nadine Labaki firma un film che non si piange addosso nel dire la realtà di un mondo povero, umiliato e offeso, dove i bambini sono il risultato di un atto sessuale, e capitano al mondo senza documenti.

… la sorpresa Diamantino

Un buon film francese “Un couteau dans le coeur” di Yann Gonzalez è passato in concorso ricordando la Parigi di fine anni Settanta, con i film porno che erano entrati nel costume, e alla maniera di questi il regista racconta una storia che nella sua semplicità merita applausi. Ma il caso del Festival non passato in Concorso, bensì alla Semaine de la Critique dove si è visto ‘Diamantino’ di Gabriel Abrantes e Daniel Schmidt, un film spassoso e coinvolgen­te. Il Diamantino del titolo è il più famoso calciatore del mondo e ricorda in modo ironico Cristiano Ronaldo. Lo vediamo nella finale dei mondiali di Russia sbagliare il rigore nella finale che il Portogallo gioca contro la Svezia, poi lo vediamo vittima di una formazione politica di estrema destra che lo usa come uomo immagine approfitta­ndo del suo bassissimo quoziente d’intelligen­za. A guidarlo sono le sue diaboliche sorelle che lo vendono anche a un’industria genetica pronta a farne migliaia di copie per vincere tutti i campionati del mondo; per sua fortuna una giovane lesbica si innamora di lui… ma la vicenda sprizza faville. Applausi e un tam tam che ha portato il mondo di Cannes in fila per vederlo. W Diamantino!

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KEYSTONE La regista Nadine Labaki con il protagonis­ta Zain Alrafeea

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