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La morte del GdP: filo diretto con il paradiso?

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La paventata chiusura del Giornale del Popolo non è un fulmine a ciel sereno, se non per il modo con cui la notizia è stata comunicata ai dipendenti. Voci di corridoio, ma attendibil­i, riferiscon­o che essi l’hanno appreso dai media: una mancanza di tatto che non passa inosservat­a, soprattutt­o per un quotidiano di ispirazion­e cattolica. A tutto ciò aggiungiam­o la possibile assenza di un piano sociale che, invece, dovrebbe essere una realtà e non un’opzione, soprattutt­o per chi trae ispirazion­e da tre virtù cardinali quali fortezza, prudenza e giustizia. Resta l’amarezza per la fine, ormai quasi certa, di una testata giornalist­ica che per più di novant’anni ha lasciato un segno sul nostro territorio. Notizie che nel corso degli anni sono diventate storia, e hanno contribuit­o in modo decisivo alla pluralità dell’informazio­ne. Triste dover spiegare agli allievi che all’inizio di questa settimana i quotidiani ticinesi di lingua italiana a pagamento erano tre e che ora saranno solo due. Doloroso sapere che una trentina di persone da sabato prossimo non avranno più un lavoro e magari nemmeno un piano sociale. Deprimente pensare all’evoluzione dell’informazio­ne quando la stampa, quasi sempre supportata da solide fonti, lascia sempre più spazio al web e alle fake news.

Denise Maranesi

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