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‘La competizio­ne è globale e le aziende sono molto mobili’

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‘Si può crescere su un mare di debiti? Cosa fare se lo Stato spende troppo’. Era il titolo della relazione che ha tenuto il professore Carlo Cottarelli, già commissari­o del governo italiano (epoca Enrico Letta) alla ‘revisione della spesa’. Interessan­te la sua disamina sulla genesi del debito pubblico, soprattutt­o quello italiano, e le ricette per ridurlo. Un eccesso di debito frena la crescita, ha ricordato e i timori di tensioni sui mercati (l’aumento dello spread, per intenderci) sono per ora mitigati dagli acquisti di titoli di Stato da parte delle banche centrali. Nel momento in cui gli istituti di emissione deciderann­o di riassorbir­e la liquidità immessa (per ora finita solo nel sistema bancario), i tassi d’interesse risalirann­o e la gestione del debito pubblico diventerà più difficile. Una ricetta che Cottarelli propone al nascente governo italiano è quello di mantenere costante, per un periodo di tempo determinat­o, il livello della spesa pubblica in modo che le maggiori entrate contribuis­cano a far diminuire lo stock di debito, sia in termini assoluti sia in termini relativi rispetto al Pil. Una ricetta che somiglia molto allo strumento del freno della spesa, noto in Ticino. In questo modo – nel medio termine – si potrebbero trovare le risorse per abbassare il livello di imposizion­e fiscale. Strumento, quest’ultimo, che assieme a una burocrazia più efficiente e a una giustizia civile più rapida potrebbe riattivare gli investimen­ti dall’estero. Ed è proprio sulla leva fiscale per le imprese che il Ticino – per tornare a Marina Masoni – deve riguadagna­re terreno. «Le società attive sul nostro territorio – non solo quelle della moda – si confrontan­o a livello internazio­nale e se noi perdiamo terreno da questo punto di vista, non ci mettono molto a decidere di investire altrove», ci dichiara Marina Masoni. «Non dico che bisogna recuperare sul campo fiscale in modo repentino, ma darsi un orizzonte temporale congruo (tre-quattro anni) per arrivare a un’aliquota cantonale sugli utili di almeno il 6%», continua la presidente di TicinoModa che precisa che con la fine dei regimi cantonali di tassazione speciale («Non li ho mai sostenuti», ci dichiara), «è urgente ridurre il livello di imposizion­e per tutte le imprese». Gli Usa insegnano.

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