laRegione

GdP: la Diocesi onori i suoi impegni

- Di Enrico Morresi

L’articolo di Silvano Toppi pubblicato sabato 19 maggio da ‘laRegione’ mi stimola a un breve contraddit­torio, non tanto per la critica che contiene alla posizione da me assunta sulla drammatica fine del ‘Giornale del Popolo’, quanto perché sono in gioco questioni importanti su cui merita discutere anche pubblicame­nte. La fine di un giornale è di eminente interesse pubblico, come ha dimostrato la visita del presidente del Consiglio di Stato al Vescovo nel pomeriggio di venerdì scorso. Il primo punto di divisione è strettamen­te connesso alle circostanz­e della serrata del GdP. La mia persuasion­e – fondata su informazio­ni che avevo assunto a suo tempo da tutti i protagonis­ti della vicenda, per scriverne su “Dialoghi” (n. 249, dicembre 2017) – è che sia stato temerario sciogliere il patto di società concluso nel 2004 dal ‘Giornale del Popolo’ con il ‘Corriere del Ticino’ malgrado la drastica cura dimagrante che si proponeva al quotidiano cattolico. Convengo però che un giudizio sicuro si potrà dare solo dopo l’auspicabil­e messa sul tavolo di tutti i dati utili. Dica la sua, dunque, anche il ‘Corriere del Ticino’, accusato di aver messo il cappio al collo al GdP. Il secondo punto di contrasto pare più accademico, ma non lo è. Premetto di avere molto rispetto per Silvano Toppi, che ha provato sulla sua pelle che cosa significhi la chiusura forzata del giornale che dirigeva. Ma constato un curioso parallelo tra il suo scritto e l’intervista a Marina Masoni pubblicata dal ‘Giornale del Popolo’ appena quindici giorni fa, il 14 maggio. Masoni poneva tutta la sua fiducia nel mercato, negando legittimit­à a una qualche forma di aiuto pubblico, perché necessaria­mente ne soffrirebb­e, a suo parere, la libertà delle testate. Toppi (“Conflittua­lità tra etica e mercato”) sostiene che il mercato non è più il garante di una stampa libera e indipenden­te perché conduce necessaria­mente al predominio dei gruppi più forti, sopprimend­o la pluralità delle voci. Entrambi dimentican­o alcuni dati di fatto. L’esito della votazione popolare del 4 marzo smentisce Marina Masoni, perché dimostra che la maggioranz­a dei cittadini ha ancora fiducia nella capacità di un ente di servizio pubblico come la Ssr di produrre un’informazio­ne autonoma e credibile. Sull’altro fronte, Toppi sembra ignorare che, tra i priva- ti, vi sono media differenti per costituzio­ne e per stile. Proprio il ‘Corriere del Ticino’ lo dimostra. Questo giornale è attualment­e in grado, sia pure a fatica, di affrontare la durissima prova della crisi della pubblicità e del calo della diffusione perché, negli anni buoni, i proprietar­i, invece di metterseli in tasca, gli utili li mettevano da parte e quell’abile banchiere che era Amilcare Berra, scomparso proprio uno di questi giorni, li metteva a frutto formando un “tesoretto” che oggi serve, sia pure a fatica, a coprire i disavanzi (anche il ‘Corriere’ è deficitari­o!). Quell’ombrello protettivo è servito per molti anni a coprire anche i disavanzi del ‘Giornale del Popolo’, pur lasciando alla redazione la più ampia libertà. Abbandonar­e quella protezione per mettersi a correre sotto la pioggia è l’errore che ha travolto e portato alla chiusura il giornale. Il fallimento di Publicitas è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il giornale cattolico temeva che la sua autonomia ne sarebbe uscita compromess­a? Verifichia­mo pure anche questo dato. Oppure ci si è incaponiti nel voler portare avanti un giornale con tutti i servizi e rubriche, e trenta persona a carico, senza alcuna protezione? Quali alternativ­e furono studiate, quali scartate? Si vede bene, allora, che l’etica opposta al mercato non c’entra per niente. Certamente, mala tempora currunt per tutti i giornali. Ma ai più deboli il pericolo di andare con le gambe all’aria dovrebbe consigliar­e prudenza. Ora la Diocesi onori i suoi impegni di datore di lavoro alimentand­o un fondo di solidariet­à per i dipendenti. Ma lo si tenga distinto dalla progettazi­one di un futuro per la voce cattolica, che pure dovrà essere studiato. Il Vescovo, che è un galantuomo, non molli le redini dell’operazione. E i cattivi consiglier­i li metta alla porta.

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