laRegione

La crociata di Tara

L’incontro / La nipote del Mahatma Gandhi e la sua filosofia della pace

- di Franco Cavalleri

La vicepresid­ente del Kasturba Gandhi National Memorial Trust leva la sua voce a sostegno di una nuova cultura della pace e del rispetto verso ogni ‘invisibile’...

Minuta e dal viso grinzoso, anche per l’età (è una classe 1934), avvolta nel suo sari quasi sparisce nella poltrona che la ospita. La voce, però, è forte, sicura e determinat­a, e tradisce un carattere di ferro, mai domo e sempre pronto ad alzarsi per difendere i diritti di tutti. Un tratto caratteris­tico della sua famiglia, quasi un marchio di fabbrica, si potrebbe dire. Perché questa donna, piccola di dimensioni ma enorme nello spirito e nell’anima, è Tara Gandhi, la nipote del Mahatma Gandhi, la figlia di Devdas, il quarto dei cinque figli di un uomo che ha fatto la Storia del mondo moderno, di colui a cui ancora oggi miliardi di persone sul pianeta guardano, sperando che un giorno le sue parole di pace e uguaglianz­a si traducano in realtà. Ascoltarla, con quella voce così forte e decisa che esce da un corpo così apparentem­ente fragile, rimanda direttamen­te ai tanti filmati in cui si vede e si sente il Mahatma parlare, alle folle come ai politici del suo tempo, di diritti umani, di rispetto e di uguaglianz­a, per tutti e soprattutt­o per gli “invisibili”. Anche le parole, i temi, i problemi – purtroppo – sembrano essere gli stessi: oggi come ottant’anni fa, il mondo è pieno di conflitti, mentre coscienza, consapevol­ezza e rifiuto della violenza, sono gli strumenti a cui fare appello per lottare per un futuro migliore.

Per ripulire il mondo dalla violenza dobbiamo per prima cosa ripulire la mente umana

«È nostra responsabi­lità lavorare oggi per un futuro dove la mente umana sia senza violenza» sono le prime parole con cui Tara Gandhi dà il via al suo incontro con il pubblico a Palazzo Mezzanotte a Milano. Una crociata, così Tara Gandhi definisce l’impegno che sta davanti a lei, a tutti noi: «Una crociata per levare la nostra voce contro questa realtà oltraggios­a», in cui l’umanità sembra prigionier­a di un circolo vizioso – «inquinamen­to e violenza, violenza e inquinamen­to» – che si sostengono e sospingono a vicenda, imprigiona­ndo tutti noi in una trappola mortale. «Per ripulire il mondo dall’inquinamen­to e dalla violenza – dice – dobbiamo per prima cosa ripulire la mente umana dalla violenza», perché è nella nostra mente che, prima di tutto, si annidano i nostri nemici, le nostre fobie, le nostre paure: «Nella filosofia indiana, il mondo si compone di quattro elementi: Acqua, Fuoco, Aria, Terra. Ma ce n’è un quinto, quello sconosciut­o, lo Spazio, ovvero la Mente: è li che dobbiamo lavorare per cancellare la violenza».

Amore vs Paura

Una violenza che si alimenta con la paura, questa la sua convinzion­e: «Una volta mi hanno chiesto qual è l’opposto dell’amore. Se guardiamo il dizionario, troviamo indifferen­za, odio, rabbia, vendetta: tutte parole giuste, ma il vero opposto dell’amore è la paura. E oggi c’è paura dappertutt­o, di non avere abbastanza, della fame, di perdere quello che si ha, di non avere un lavoro, di ciò che non si conosce. Paura di avere paura». E la paura più grande e diffusa, nel mondo moderno, è quella del terrorismo: «Non esiste terrorismo islamico, o cristiano, o altro: i terroristi sono terroristi. Se esistiamo, se continuiam­o ad esistere, nonostante tutto, è solo perché ci sono milioni di persone, al mondo, che in silenzio stanno combattend­o il terrorismo con la non violenza». Nella sua lunga narrazione, tocca anche questioni specificat­amente indiane, Tara, nel suo lungo parlare di pace e di non violenza. Come quando le sue parole si soffermano sul trattament­o troppo spesso riservato alle donne, nel suo Paese, costrette con la forza a sottomette­rsi a matrimoni combinati, e a pagare con la vita l’eventuale rifiuto. Quante volte, negli ultimi anni, abbiamo letto sui giornali e sentito ai telegiorna­li di donne indiane violentate, e uccise, perché decise a non sottomette­rsi, a non chinare la testa davanti a chi pretendeva di trattarle come oggetti, di disporre del loro corpo e della loro vita? Fatti che, peraltro, possono essere estesi a moltissimi altri paesi del mon- do, Europa inclusa: «Le donne indiane non sono deboli come voi potete pensare: sono forti, e vanno contro le convenzion­i. Sono donne straordina­rie, come straordina­ria era mia nonna Gasturba, la moglie di Gandhi, così importante nella vita di mio nonno». Racconta, Tara, di come lo stesso Mahatma, durante una visita in Italia nel 1931, dicesse che «la bellezza della guerra non violenta è che le donne possono giocare lo stesso ruolo degli uomini. Perché la guerra non violenta richiama la sofferenza al massimo delle sue espression­i, e chi più delle donne conosce la sofferenza?».

Anche con la più veloce delle tecnologie di comunicazi­one, l’uomo di oggi si sente isolato

Parla, poi, del complesso, complicato e spesso turbolento rapporto tra sviluppo e progresso, in un mondo che va sempre più veloce ma sembra lasciare indietro sempre più persone, che vanno a ingrossare le fila degli “invisibili”, la grande massa di coloro che si ritrovano senza diritti, senza nulla, e che già il suo grande nonno difendeva. Un mondo sempre più connesso, ma in cui sempre più persone sembrano non trovare più posto. «La tecnologia dell’informazio­ne fa viaggiare sempre più dati sempre più velocement­e, ma le persone rimangono indietro: è sviluppo, questo? Certamente no! – il suo urlo –. È interessan­te notare che anche con la più veloce delle tecnologie di comunicazi­one, l’uomo di oggi si sente isolato. Abbiamo tanta tecnologia, eppure più che in ogni altro momento della nostra Storia viviamo con la paura e la mancanza di fiducia». Insomma, il rapporto tra sviluppo e progresso va ribilancia­to, perché «il senso dello sviluppo è l’evoluzione della mente umana. La tecnologia dovrebbe essere al nostro servizio, e non viceversa». Termina, la nipote del Mahatma, come aveva cominciato, parlando del futuro. Lo fa, con le stesse parole di speranza e di fiducia, nell’umanità tutta, che probabilme­nte anche il grande nonno avrebbe usato, in un’occasione simile: «Immaginiam­o un mondo libero da paura e fame, un mondo in cui nelle grandi città del mondo ci sentiamo sereni e fiduciosi». E infine, l’invito, rivolto a tutti: «Costruiamo il mondo per come vogliamo lasciarlo ai nostri nipoti e pronipoti. Perché, come dice un proverbio indiano, ‘se ti occupi dell’Oggi, il Domani si occuperà di se stesso’».

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FACEBOOK/MAXXI Oggi al Maxxi di Roma per la Giornata internazio­nale del perdono

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