La crociata di Tara
L’incontro / La nipote del Mahatma Gandhi e la sua filosofia della pace
La vicepresidente del Kasturba Gandhi National Memorial Trust leva la sua voce a sostegno di una nuova cultura della pace e del rispetto verso ogni ‘invisibile’...
Minuta e dal viso grinzoso, anche per l’età (è una classe 1934), avvolta nel suo sari quasi sparisce nella poltrona che la ospita. La voce, però, è forte, sicura e determinata, e tradisce un carattere di ferro, mai domo e sempre pronto ad alzarsi per difendere i diritti di tutti. Un tratto caratteristico della sua famiglia, quasi un marchio di fabbrica, si potrebbe dire. Perché questa donna, piccola di dimensioni ma enorme nello spirito e nell’anima, è Tara Gandhi, la nipote del Mahatma Gandhi, la figlia di Devdas, il quarto dei cinque figli di un uomo che ha fatto la Storia del mondo moderno, di colui a cui ancora oggi miliardi di persone sul pianeta guardano, sperando che un giorno le sue parole di pace e uguaglianza si traducano in realtà. Ascoltarla, con quella voce così forte e decisa che esce da un corpo così apparentemente fragile, rimanda direttamente ai tanti filmati in cui si vede e si sente il Mahatma parlare, alle folle come ai politici del suo tempo, di diritti umani, di rispetto e di uguaglianza, per tutti e soprattutto per gli “invisibili”. Anche le parole, i temi, i problemi – purtroppo – sembrano essere gli stessi: oggi come ottant’anni fa, il mondo è pieno di conflitti, mentre coscienza, consapevolezza e rifiuto della violenza, sono gli strumenti a cui fare appello per lottare per un futuro migliore.
Per ripulire il mondo dalla violenza dobbiamo per prima cosa ripulire la mente umana
«È nostra responsabilità lavorare oggi per un futuro dove la mente umana sia senza violenza» sono le prime parole con cui Tara Gandhi dà il via al suo incontro con il pubblico a Palazzo Mezzanotte a Milano. Una crociata, così Tara Gandhi definisce l’impegno che sta davanti a lei, a tutti noi: «Una crociata per levare la nostra voce contro questa realtà oltraggiosa», in cui l’umanità sembra prigioniera di un circolo vizioso – «inquinamento e violenza, violenza e inquinamento» – che si sostengono e sospingono a vicenda, imprigionando tutti noi in una trappola mortale. «Per ripulire il mondo dall’inquinamento e dalla violenza – dice – dobbiamo per prima cosa ripulire la mente umana dalla violenza», perché è nella nostra mente che, prima di tutto, si annidano i nostri nemici, le nostre fobie, le nostre paure: «Nella filosofia indiana, il mondo si compone di quattro elementi: Acqua, Fuoco, Aria, Terra. Ma ce n’è un quinto, quello sconosciuto, lo Spazio, ovvero la Mente: è li che dobbiamo lavorare per cancellare la violenza».
Amore vs Paura
Una violenza che si alimenta con la paura, questa la sua convinzione: «Una volta mi hanno chiesto qual è l’opposto dell’amore. Se guardiamo il dizionario, troviamo indifferenza, odio, rabbia, vendetta: tutte parole giuste, ma il vero opposto dell’amore è la paura. E oggi c’è paura dappertutto, di non avere abbastanza, della fame, di perdere quello che si ha, di non avere un lavoro, di ciò che non si conosce. Paura di avere paura». E la paura più grande e diffusa, nel mondo moderno, è quella del terrorismo: «Non esiste terrorismo islamico, o cristiano, o altro: i terroristi sono terroristi. Se esistiamo, se continuiamo ad esistere, nonostante tutto, è solo perché ci sono milioni di persone, al mondo, che in silenzio stanno combattendo il terrorismo con la non violenza». Nella sua lunga narrazione, tocca anche questioni specificatamente indiane, Tara, nel suo lungo parlare di pace e di non violenza. Come quando le sue parole si soffermano sul trattamento troppo spesso riservato alle donne, nel suo Paese, costrette con la forza a sottomettersi a matrimoni combinati, e a pagare con la vita l’eventuale rifiuto. Quante volte, negli ultimi anni, abbiamo letto sui giornali e sentito ai telegiornali di donne indiane violentate, e uccise, perché decise a non sottomettersi, a non chinare la testa davanti a chi pretendeva di trattarle come oggetti, di disporre del loro corpo e della loro vita? Fatti che, peraltro, possono essere estesi a moltissimi altri paesi del mon- do, Europa inclusa: «Le donne indiane non sono deboli come voi potete pensare: sono forti, e vanno contro le convenzioni. Sono donne straordinarie, come straordinaria era mia nonna Gasturba, la moglie di Gandhi, così importante nella vita di mio nonno». Racconta, Tara, di come lo stesso Mahatma, durante una visita in Italia nel 1931, dicesse che «la bellezza della guerra non violenta è che le donne possono giocare lo stesso ruolo degli uomini. Perché la guerra non violenta richiama la sofferenza al massimo delle sue espressioni, e chi più delle donne conosce la sofferenza?».
Anche con la più veloce delle tecnologie di comunicazione, l’uomo di oggi si sente isolato
Parla, poi, del complesso, complicato e spesso turbolento rapporto tra sviluppo e progresso, in un mondo che va sempre più veloce ma sembra lasciare indietro sempre più persone, che vanno a ingrossare le fila degli “invisibili”, la grande massa di coloro che si ritrovano senza diritti, senza nulla, e che già il suo grande nonno difendeva. Un mondo sempre più connesso, ma in cui sempre più persone sembrano non trovare più posto. «La tecnologia dell’informazione fa viaggiare sempre più dati sempre più velocemente, ma le persone rimangono indietro: è sviluppo, questo? Certamente no! – il suo urlo –. È interessante notare che anche con la più veloce delle tecnologie di comunicazione, l’uomo di oggi si sente isolato. Abbiamo tanta tecnologia, eppure più che in ogni altro momento della nostra Storia viviamo con la paura e la mancanza di fiducia». Insomma, il rapporto tra sviluppo e progresso va ribilanciato, perché «il senso dello sviluppo è l’evoluzione della mente umana. La tecnologia dovrebbe essere al nostro servizio, e non viceversa». Termina, la nipote del Mahatma, come aveva cominciato, parlando del futuro. Lo fa, con le stesse parole di speranza e di fiducia, nell’umanità tutta, che probabilmente anche il grande nonno avrebbe usato, in un’occasione simile: «Immaginiamo un mondo libero da paura e fame, un mondo in cui nelle grandi città del mondo ci sentiamo sereni e fiduciosi». E infine, l’invito, rivolto a tutti: «Costruiamo il mondo per come vogliamo lasciarlo ai nostri nipoti e pronipoti. Perché, come dice un proverbio indiano, ‘se ti occupi dell’Oggi, il Domani si occuperà di se stesso’».