laRegione

Cliccherem­o comunque ‘ok’

- Di Luca Berti

Non è che abbia detto granché Mark Zuckerberg davanti ai rappresent­anti del parlamento europeo. Aiutato dal formato particolar­e dell’audizione (prima si ponevano tutte le domande e poi si attendevan­o le risposte) e dal tempo (un’ora e spiccioli), a tre giorni dall’introduzio­ne del nuovo regolament­o europeo sulla protezione dei dati (il Gdpr, che entrerà in vigore domani), ha potuto veleggiare sui grandi temi senza mai davvero rispondere alle domande mirate dei presidenti dei gruppi parlamenta­ri. Con forse due eccezioni. La prima: Facebook intende implementa­re la normativa da subito. La seconda: non intende smettere di tracciare gli utenti anche se non sono iscritti alla piattaform­a (ne avevamo parlato a pagina 2 lo scorso 4 maggio). Per ragioni di sicurezza, dice mister Facebook. “Già una violazione del regolament­o”, gli replicano i parlamenta­ri europei. Basta tanto per intuire come sarà complicato riuscire ad applicare lo spirito di un testo di legge restrittiv­o, valido anche per le ditte extracomun­itarie che trattano dati di cittadini europei (Svizzera inclusa), in un campo dove per anni si è fatto quel che si voleva: è un po’ come tentare di rimettere i classici buoi nella classica stalla dopo che anni di libertà li hanno portati ad uno stato brado. Così la norma, effettiva da domani, rischia di non risolvere granché, soprattutt­o per i servizi online. Certo, mette in chiaro le regole del gioco – tra l’altro non solo per i servizi online – e punisce i contravven­tori con multe salate (fino a 20 milioni di euro o il 4% del loro fatturato globale), ma basterà ottenere il consenso informato dagli utenti per poter impiegare i loro dati per una specifica finalità. Insomma: un piccolo avvertimen­to scritto e la cosa è fatta. E, consideran­do quanto la gente tenda a firmare (o cliccare su ‘ok’) in modo automatico senza leggere, è prevedibil­e che la stragrande maggioranz­a darà il proprio assenso senza nemmeno rendersene conto. Di buono c’è che lo si dovrà poter ritirare con la stessa facilità. Ammesso di ricordarse­ne. Come detto, il regolament­o europeo ha il pregio di mettere in chiaro alcuni punti fondamenta­li, molti dei quali comunque già recepiti da tempo nelle legislazio­ni nazionali, compresa quella Svizzera: c’è il diritto di avere accesso ai propri dati personali gratuitame­nte e quello a sapere quali sono utilizzati e come. C’è la possibilit­à di poter esportarli per utilizzarl­i altrove e la possibilit­à di essere dimenticat­i, ovvero di imporre la cancellazi­one di ogni informazio­ne. Utilissime misure per prevenire il più possibile gli abusi, ma non cambiano il fatto che – alla fine – basterà comunque un “sì” dell’utente perché tutto rimanga fondamenta­lmente come prima. E, per quanto riguarda l’online, se i cittadini Ue vorranno continuare a postare messaggi su Facebook, Twitter, Instagram, se vorranno continuare a usare WhatsApp e Messenger, ci sarà poco da fare, se non dare il proprio ok. Perché se è vero che, stando alla nuova norma, non si potrà negare il servizio qualora si negasse il consenso sui dati, è anche vero che molti servizi si basano su quei dati per funzionare.

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