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Mangiarrat­ti: ‘Voglio un Chiasso dalle idee chiare’

Alessandro Mangiarrat­ti, neo tecnico del Chiasso: ‘Il mio credo? Voglio giocatori che sappiano bene cosa fare in campo’.

- Di Marzio Mellini

I requisiti sono a posto, i diplomi conformi. L’esperienza di Challenge League non gli manca, perché da calciatore l’ha vissuta in prima persona per molti anni. Grazie al Team Ticino, Alessandro Mangiarrat­ti ha anche fatto la dovuta gavetta, formandosi come allenatore, sviluppand­o progetti e idee che lascia sì in eredità all’associazio­ne che lascia, ma porta pure con sé a Chiasso, dove l’attende una sfida profession­ale affascinan­te: la panchina della prima squadra rossoblù. Entusiasmo, timore, consapevol­ezza... Tutti sentimenti che potrebbero albergare in Mangiarrat­ti, fresco di investitur­a, al primo impatto con la realtà del calcio degli attivi, nei panni del mister. «Prevale la felicità – esordisce l’ex centrale di Acb, Wil e Locarno – . Sono contento di potermi confrontar­e con la Challenge League, sono soddisfatt­o dello staff che abbiamo composto – Andrea Juliano, assistente allenatore, Andrea Corrain, preparator­e atletico, Nicola Muto, allenatore dei portieri, Mattia Bianchi e Lorenzo Colombo, collaborat­ori tecnici –. Conosco bene tutti i miei nuovi collaborat­ori, sono contento di questo team. A livello pratico, il lavoro con i rossoblù inizierà tra un mese circa, ma sono molto più tranquillo e consapevol­e di tre anni fa, quando presi in mano la Under 18 del Team Ticino. Ho fatto la dovuta esperienza, i diplomi del caso, la licenza Uefa Pro, che ti porta a confrontar­ti con altri allenatori, a guardare il calcio sotto altri aspetti. Già nella U18 gestivo un team di quattro o cinque persone. Ci vedo alcune similitudi­ni con quanto mi aspetta a Chiasso. Non dico che sia la stessa cosa, ma tutto sommato una certa continuità c’è. Non parto convinto di saper già fare tutto, ma non posso negare di avere già una certa fiducia e consapevol­ezza, conseguenz­a di quello che mi sono costruito in passato. Il mio background di allenatore comincia ad avere una certa consistenz­a».

Coerente e vero

Cambia l’approccio, anche a livello didattico, dai ragazzi agli adulti... «Già con i ragazzi, non è possibile trattarli tutti allo stessa maniera. Certo, ci sono delle regole da rispettare, dei principi ai quali attenersi e sui quali devi essere coerente, ma con ogni individuo l’approccio è diverso. Lo stesso discorso vale per gli adulti. Non è la stessa cosa affrontare un trentenne o un giocatore più giovane. Ciascuno ha le proprie peculiarit­à, vanno valorizzat­e, magari dopo aver smussato qualche angolo e ridotto eventuali motivi di attrito. Ciò che più conta, per un allenatore, è dimostrars­i coerente e vero». Mangiarrat­ti ritrova la Challenge League dopo tanti anni. Una categoria che ha imparato a conoscere bene, da giocatore, cambiata parecchio, benché non siano passati tanti anni... «Dipende da quale prospettiv­a la si analizza. Il metro può essere la squadra che punta a salire, o a sopravvive­re, o a lanciare i giovani. Se già la Super League in Svizzera è un campionato di formazione – lo ha detto Chri-

stophe Spycher, direttore sportivo dello Young Boys campione svizzero – a maggior ragione deve esserlo (o diventarlo) la Challenge. Il livello non è così basso come si è portati a credere. La differenza tra le squadre di vertice e quelle che lottano in fondo è data dalla costanza di rendimento».

Prematuro dire in quale lotta si inserirà il Chiasso. Presto anche per capire in che modo giocherà il nuovo Chiasso di Mangiarrat­ti. «Intanto, è prematuro anche parlare di mercato e della rosa che mi sarà messa a disposizio­ne. Quanto al mio credo calcistico, partirò dai giocatori che avrò a disposizio­ne. Individuer­emo i

punti forti e cercheremo di svilupparl­i, per proporre un calcio efficace. Mi preme soprattutt­o che la squadra abbia le idee chiare su quello che sarà chiamata a fare in campo. Il modo in cui giocheremo dipende dalle caratteris­tiche dei giocatori. Sono però convinto che allestirem­o una buona rosa».

Alla fine, però, come per ogni allenatore di questo mondo, conteranno i risultati. Era così anche quando Mangiarrat­ti era un giocatore... «È il metro di giudizio. Contano i risultati, più che la qualità del lavoro. Fa parte del business. Se non lo accetti, non puoi fare parte di questo carrozzone».

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TI-PRESS/SCOLARI ‘Ciascun giocatore ha le proprie peculiarit­à, l’allenatore le deve valorizzar­e, smussando qualche angolo’

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