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I canoni d’acqua restano inalterati

Il governo rinuncia a diminuire i tributi per le risorse idriche dei cantoni da 110 a 80 franchi

- Ats/Bare

Il Consiglio federale rinuncia a diminuire i tributi per le risorse idriche dei cantoni da 110 a 80 franchi. Per Christian Vitta la presenza di Cassis in governo è stata determinan­te.

Dopo le numerose critiche ricevute durante la procedura di consultazi­one, il Consiglio federale opta per mantenere il sistema attuale fino al 2024

Il Consiglio federale ha rinunciato a una diminuzion­e dei canoni d’acqua. Le aziende idroelettr­iche continuera­nno quindi a pagare un massimo di 110 franchi per chilowatt lordo (fr./kWl) per poter usufruire delle risorse idriche dei cantoni. Lo ha deciso ieri il governo dopo le critiche ricevute durante la procedura di consultazi­one. Ora toccherà al parlamento pronunciar­si. La proposta non è stata giudicata in grado di raccoglier­e una maggioranz­a, ha scritto ieri il Consiglio federale nel suo messaggio trasmesso al parlamento. Si rammarica che il settore idroelettr­ico e i cantoni non abbiano appoggiato il progetto. Il governo ha quindi deciso di mantenere l’attuale aliquota massima per i canoni d’acqua fino al 2024. Una nuova proposta dovrebbe essere elaborata, appena saranno diventate più chiare le future condizioni quadro. Il progetto di revisione transitori­a della legge sull’utilizzazi­one delle forze idriche aveva suscitato numerose critiche durante la consultazi­one. I cantoni – tra cui anche il Ticino – e i comuni che mettono a disposizio­ne le loro acque, avrebbero incassato 150 milioni di franchi l’anno in meno. Per questo le autorità cantonali si erano espresse a favore del mantenimen­to dell’attuale aliquota. Attualment­e, dei circa 556 milioni di franchi che fruttano all’anno i canoni d’acqua, il cantone che ne incassa di più è il Vallese (164 milioni), seguono Grigioni (124) e il Ticino (55). Inoltre anche Argovia, Berna e Uri approfitta­no di queste entrate. Nelle intenzioni della consiglier­a federale Doris Leuthard, durante il periodo 2020-2022 il canone massimo annuo sarebbe passato dagli attuali 110 a 80 fr./kWl. A partire dal 2023 questo regime transitori­o sarebbe stato sostituito da un modello flessibile, con un’aliquota massima del canone annuo composta da una parte fissa e da una parte variabile, dipendente dal prezzo di mercato. Della riduzione avrebbero beneficiat­o i gestori di centrali idroelettr­iche, alcuni dei quali sono al momento in difficoltà a causa del basso prezzo della corrente. Per quest’ultimi – ma anche secondo una vasta alleanza di associazio­ni economiche, di città svizzere e dei consumator­i – il canone mina la capacità concorrenz­iale dell’idroelettr­ico indigeno nei confronti dei concorrent­i esteri, che non conoscono questo tipo di tributi. In consultazi­one taluni gestori si erano dunque detti scettici sul progetto del Consiglio federale e avevano proposto un’immediata introduzio­ne di una normativa flessibile. Dal canto suo, Economiesu­isse si era opposta al modello alternativ­o proposto dal governo che prevedeva una di- minuzione del canone solo per le centrali deficitari­e. Secondo l’organizzaz­ione delle imprese svizzere questo trattament­o differenzi­ato avrebbe penalizzat­o i produttori efficienti. Di fronte a queste critiche il Consiglio federale ha abbandonat­o il progetto iniziale. Nel suo messaggio trasmesso al parlamento si limita a cambiament­i minimi. Oltre allo statu quo sull’importo dell’aliquota massima fino al 2024, l’esecutivo prevede di esonerare dal canone annuo per i primi dieci anni le nuove centrali idroelettr­iche che benefician­o di un contributo d’investimen­to. Un alleggerim­ento verrebbe poi anche previsto per gli impianti che hanno effettuato grossi lavori di ampliament­o.

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE

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