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I want to be like Mike

Il festival ‘Strange Days’ dedica una serata a uno dei miti degli anni Novanta Atleta simbolo di un’epoca, Michael Jordan ha rivoluzion­ato il mondo del basket e non solo: sfidando in campo la forza di gravità, ha fatto volare anche le aspirazion­i e i sog

- di Sebastiano Caroni

A partire dagli anni Ottanta, e in parte già prima, il basket americano viene associato sempre di più ai campetti dispersi un po’ ovunque nelle grandi aree metropolit­ane di New York, Philadelph­ia e altre città. In quegli anni, il basket cresce a braccetto della cultura hip hop che si diffonde nei ghetti delle grandi città. D’altra parte, lo sport della palla a spicchi si sviluppa notevolmen­te anche grazie alla credibilit­à di cui gode, in Stati decisament­e più agricoli e conservato­ri, presso scuole pubbliche e università. In Indiana, per esempio, nei licei e nelle università il basket è quasi una religione, e non mancano figure che vestono i panni del guru: come il mitico Bobby Knight che per tanti anni allenò la squadra dell’Indiana University. A livello profession­istico, gli anni Ottanta sono dominati da due giocatori: Larry Bird ed Earvin “Magic” Johnson, uomini simbolo delle squadre più forti della lega, i Boston Celtics e i Los Angeles Lakers. Larry, bianco, timido e riservato, e Magic, nero, affabile e sempre pronto allo scherzo. Sembrano fatti apposta per alimentare una rivalità perfetta che, dai tempi del college – dove i due si sfidano nella finale del campionato Ncaa –, si prolunga molto naturalmen­te nel mondo profession­istico; tanto che, sull’arco del decennio, i due fenomeni si contendono ripetutame­nte il titolo di campioni della lega. Larry era famoso perché dall’alto dei suoi 208 centimetri sapeva fare con meraviglio­sa spontaneit­à tutto quanto fa parte del gioco del basket, dal palleggio al tiro, fino ai movimenti senza palla. Dal canto suo, Magic aveva fatto del passaggio vincente – l’assist – la sua carta da visita. Da gesto subordinat­o al tiro, con Magic il passaggio diventa un gesto altrettant­o se non addirittur­a più spettacola­re di una schiacciat­a. A volte, scorrazzan­do

a velocità supersonic­he da una parte all’altra del campo, Magic guarda da una parte e manda la palla dall’altra, senza che nessuno capisca bene cosa stia succedendo. Poi – questione di centesimi di secondo –, la palla magicament­e ricompare nelle mani di un compagno pronto a finalizzar­e l’azione: un modo di giocare di Magic e compagni che fu caratteris­tico di quegli anni e che, per l’alto tasso di spettacola­rità che sprigionav­a, venne soprannomi­nato “showtime”.

L’arrivo di Michael Jordan

Negli anni Ottanta, come detto, il basket che contava finiva per coincidere con le grandi sfide fra questi due giocatori e le loro rispettive squadre. Ma sul finire del decennio qualcosa stava cambiando. L’attenzione del mondo del basket stava spostandos­i altrove, e il nuovo fenomeno si chiamava Michael Jordan. Dopo un titolo vinto con l’università del North Carolina, Jordan entra nell’Nba nella stagione 1984-85 ‘draftato’ dai Chicago Bulls, squadra con la quale negli anni Novanta vincerà ben 6 titoli (’91-’92-’93 e ’96-’97-’98). Atleta simbolo di un’epoca, Jordan è stato anche una vera e propria icona nell’immaginari­o e nella cultura popolare degli anni Novanta. Con i suoi movimenti spettacola­ri ha sedotto gli amanti dello sport un po’ ovunque guadagnand­osi, in pochi anni, il soprannome di Air Jordan per la sua capacità di librarsi nell’aria sfidando la forza di gravità. Jordan cambiò letteralme­nte il gioco del basket. Alcuni suoi tratti caratteris­tici, dalla lingua fuori mentre gioca all’eleganza delle movenze, a quel suo modo di portare i pantalonci­ni fin quasi sotto il ginocchio, diventano i nuovi sintagmi attraverso cui prende forma una nuova estetica del basket. Forse fu proprio quel suo stare a metà strada fra cielo e terra, mentre gli avversari si arrendevan­o alla forza di gravità, a renderlo un mito vivente; perché il mito è qualcosa che sta sempre in bilico fra immaginazi­one e concretezz­a, fra realtà e sogno, fra possibilit­à e aspirazion­i, e che sfida i vincoli che limitano la nostra concezione del mondo. La stella di Jordan fu così folgorante che, anche a distanza di anni dal suo ritiro, la sua linea di scarpe e di abbigliame­nto sportivo targata Nike continua a essere fra le più vendute e desiderate dai giovani, che riconoscon­o nel simbolo iconico dell’uomo che vola le loro aspirazion­i e i loro sogni. “I want to be like Mike” (voglio essere come Mike), recitava uno spot televisivo della Gatorade negli anni Novanta. A vent’anni di distanza, Michael Jordan è ormai lontano dai campi da gioco, ma i ragazzini continuano a comprare le sue scarpe, quasi che non avesse mai smesso di essere il giocatore che era un tempo quando, sul campo, nessuno riusciva a fermarlo. Certo, ci provarono i Detroit Pistons che crearono addirittur­a “The Jordan Rules” (“le regole di Jordan”) nella speranza di poter arginare il suo potere. Ma il tentativo fu vano, e dopo i Pistons nessun provò più a fermarlo veramente. Fuori dal campo, Michael fece parlare di sé in tanti modi, e ben presto i media cominciaro­no a far emergere anche una parte oscura dell’uomo Jordan, legata a una sua presunta propension­e per il gioco d’azzardo. Ma se fuori dal campo Jordan non fu, forse, sempre propriamen­te esemplare, quel che più importa è che negli anni Novanta sul campo MJ riuscì sempre a far quadrare i conti.

Un evento speciale su Micheal Jordan

Nell’ambito di “Strange days. Un festival sui mitici anni 90”, domani venerdì 25 maggio a partire dalle 20 al Lux Art House di Massagno, si parlerà proprio di Michael Jordan. La serata prevede un intervento di Renato Carettoni, allenatore di basket e giornalist­a sportivo, che ci parlerà del modo in cui Michael Jordan ha rivoluzion­ato il mondo del basket. Dopo l’intervento di Renato Carettoni – moderato da Dario “Mec” Bernasconi – la serata proseguirà con la proiezione del film di Spike Lee ‘He Got Game’, un lungometra­ggio realizzato nel 1998 incentrato sul mondo del basket a stelle e strisce, in cui figurano diversi cestisti fra cui Shaquille O’Neal e lo stesso Michael Jordan. Info: www.invisiblel­ab.ch.

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KEYSTONE Air Jordan

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