Lerd, storia di una persona giusta in un mondo ingiusto
“In questo Paese o sei oppressore o sei oppresso”. Non ci sono vie di mezzo, non ci si può sottrarre alla dinamica oppressiva che caratterizza l’Iran e, forse, tutta la società: è questa l’amara lezione che il regista Mohammad Rasoulof ci consegna con il magistrale ‘Lerd – A man of integrity’, premiato a Cannes l’anno scorso e questa sera in prima ticinese al GranRex di Locarno per la tournée Film Festival diritti umani di Lugano. Protagonista di ‘Lerd’ – film costato al regista iraniano il sequestro del passaporto e, riportano alcune fonti, l’arresto per propaganda antigovernativa – è Reza (il bravo Reza Akhlaghirad) che, messi da parte gli ideali di gioventù che lo portarono all’espulsione dall’università, cerca una vita tranquilla insieme alla moglie Hadis (una intensa Soodabeh Beyzaee) e al figlio in un isolato villaggio nel nord dell’Iran. Lei lavora in una scuola, lui ha un piccolo allevamento di pesci rossi e insieme sopportano pazientemente i piccoli soprusi delle autorità locali, dalla richiesta di una tangente per ‘sistemare’ il debito in banca all’espulsione di un’alunna colpevole di non essere musulmana. Reza cerca di resistere, di non piegarsi a un sistema corrotto e dispotico, di non essere né oppressore né oppresso ma semplicemente una persona giusta. E proprio nel suo chiedere giustizia contro una famiglia di potenti che ha preso il controllo della zona, Reza rischia di perdere tutto: la casa, il lavoro, la famiglia. Il futuro suo e di suo figlio. È un film intimo e potente, quello realizzato da Rasoulof che, per denunciare le storture della società iraniana, concentra la sua attenzione sugli effetti di questa società corrotta e ingiusta su un uomo che cerca di mantenere la propria integrità morale. Un percorso lento e inesorabile, costruito attraverso momenti cinematograficamente notevoli – l’avvelenamento dei pesci pazientemente allevati, i molti dialoghi fatti di silenzio tra Reza e Hadis, il funerale negato della ragazza non musulmana –, che porta protagonista e spettatore verso la consapevolezza che non c’è via d’uscita, non c’è alternativa: o oppresso o oppressore, in ogni caso complice di una società che fedelmente si rispecchia in un governo corrotto e autoritario.