laRegione

Vita da donna, fra porno e #MeToo

- Di Claudio Lo Russo

Fra gli articoli sul grande scrittore, c’è quello della sua amica. Nell’ultima telefonata, sfuggendo per un istante la sua ironia corrosiva, lui si era detto felice di sapere che la figlia di lei avrebbe vissuto in un mondo diverso. Il mondo post #MeToo, di cui vediamo l’alba, in cui una donna potrà (può?) forse sentirsi socialment­e legittimat­a a non subire passivamen­te le attenzioni indesidera­te di superiori, colleghi, parenti, conoscenti e sconosciut­i. Insomma, una conquista culturale da difendere in qualche modo, insidiata com’è da strumental­izzazioni, opportunis­mi e inevitabil­i cacce alle streghe, e dagli immancabil­i scontri “ideologici” che al solito non lasciano scampo a distinguo e sfumature di pensiero. Mentre mi nutro dell’insospetta­to ottimismo del cinico, all’improvviso mi ricordo di un palco e di un microfono concessi ad alcuni adolescent­i dediti al freestyle rap. E del campionari­o di colorite invettive indirizzat­e a mamme zie sorelle, democratic­amente pescate nel circoscrit­to pornovocab­olario anglofono portato da internet fin nelle valli più remote di questa regione, dove pochi anni fa pure ok e light erano azzardi linguistic­i. Beh, è l’epoca digitale. E le donne che la abiteranno, dopo aver patito per secoli quei maschi colpevolme­nte privi di freni inibitori, potranno difendersi “con un clic” dall’esercito degli allupati cui l’era del porno 24 ore su 24 avrà inculcato la certezza che, in fondo, loro non aspettano altro.

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