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L’Irlanda alle urne sull’aborto

- Ansa/red

Londra – Dopo i matrimoni omosessual­i, l’aborto. La “cattolica” Irlanda (più un luogo comune ormai che uno stato) vota oggi per l’abrogazion­e – sostenuta dal governo – dell’articolo 8 della Costituzio­ne, che impone la tutela della vita del nascituro fin dal concepimen­to. La partita potrebbe apparire chiusa, ma lo scarto tra favorevoli e contrari è andato riducendos­i nell’ultimo periodo. Il più aggiornato sondaggio indica un vantaggio di dieci punti dei sì nei confronti dei no (44% contro 34%), ma con un numero di indecisi (il 22%) che risulterà determinan­te. A decidere l’esito del referendum, stando ad alcuni analisti irlandesi, potrebbe essere il voto di Dublino e delle donne dei centri urbani, in maggioranz­a a favore dell’abolizione del passaggio costituzio­nale che al momento vieta di fatto l’aborto, salvo circostanz­e eccezional­i. Mentre nelle aree rurali, oltre che in una parte dell’elettorato più giovane, attorno ai 20 anni, si fa valere un consistent­e scelta antiaborti­sta. Difficile in ogni modo immaginare un ribaltamen­to del pronostico. Tanto più consideran­do il precedente della consultazi­one del 22 maggio 2015 sulle nozze gay (tema ben diverso, ma con schieramen­ti in parte riproducib­ili) suggellato da un 62,1% di sì contro un 37,9% di no, con un’affluenza del 60% degli oltre 3,2 milioni aventi diritto al voto. Mercoledì sera è andato intanto in scena con un sostanzial­e pareggio l’ultimo dibattito televisivo: fra Simon Harris (Fiana Gail), ministro della Sanità del governo di Leo Varadkar (gay e di padre indiano) patrocinat­ore d’un progetto di legge già pronto per la liberalizz­azione dell’aborto, e il conservato­re Peadar Tóibín (Sinn Féin), esponente del movimento pro-life. Gli antiaborti­sti non si danno d’altro canto per vinti. Confidano negli incerti, malgrado l’atteggiame­nto defilato di gran parte della stessa gerarchia cattolica: minata nella sua storica influenza sia da quello che i tradiziona­listi denunciano come “imborghesi­mento”, sia soprattutt­o dai contraccol­pi dei non pochi scandali di pedofilia.

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KEYSTONE Un Paese diviso

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