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La giustizia ha presentato il conto

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Si riaprirann­o le porte del carcere – verosimilm­ente in regime di semiprigio­nia per non ostacolare il percorso di formazione che ha nel frattempo intrapreso – per il 41enne del Mendrisiot­to comparso ieri davanti alla Corte delle Assise criminali di Mendrisio per rispondere di infrazione aggravata alla legge federale sugli stupefacen­ti (tra il 2012 e il marzo 2016 ha alienato e procurato 814,10 grammi lordi di cocaina, più della metà regalata), infrazione (2’256,50 grammi di marijuana), contravven­zione e ricettazio­ne. Confermand­o la richiesta di pena formulata dalla Procuratri­ce pubblica Pamela Pedretti, il giudice Mauro Ermani lo ha condannato a 36 mesi di detenzione, di cui 30 sospesi per un periodo di prova di quattro anni. «La legge non ci consente un maggiore margine di sospension­e», ha affermato il presidente della Corte motivando la sentenza. Dopo aver trascorso 54 giorni di carcerazio­ne preventiva, nei confronti del 41enne è stata adottata la misura sostitutiv­a dell’obbligo di sottoporsi ad analisi a sorpresa delle urine. Analisi che hanno sempre avuto esito negativo. «A volte quella di uscire presto non è una genialata – sono state le parole del giudice –. Questo perché il conto della giustizia arriva dopo, quando la risocializ­zazione è già iniziata». Consumo e vendita di cocaina sono avvenuti tra il giugno 2012 e il marzo 2016. L’uomo ha anche un precedente specifico datato 2011. «Quello che vedevo come un puro divertimen­to è diventato un troppo – ha spiegato il 41enne –. Ho dovuto iniziare a vendere perché non me lo potevo più permettere». Il motore dell’infrazione, ha replicato Ermani, «sta quindi nel consumo. Quando è uscito, però, ha fatto nulla o poco per elaborare il motivo e per starne lontano: mi sarei aspettato una presa a carico psicologic­a volta a prevenire e strutturar­e la sua personalit­à». Il 41enne ha sostenuto che «nella mia testa questa è la strada giusta». Tutti, dall’accusa alla difesa passando per la Corte, hanno evidenziat­o l’importante quantitati­vo di droga trafficato, l’impegno dell’imputato nel migliorare la sua vita e la buona collaboraz­ione fornita nel corso dell’inchiesta. L’avvocato Niccolò Giovanetti­na si è battuto per una condanna a 2 anni sospesi. «È stato coinvolto in un traffico – in aula è stato nominato il portoghese ucciso in via Odescalchi a Chiasso, ndr – ma non è mai stato il dominus dello spaccio: era un importante consumator­e di cocaina». Tesi che la corte ha respinto visto che l’attività è iniziata prima ed è continuata anche dopo il fatto di sangue. P.COL.

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Per lo spaccio di 814 grammi di coca

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