laRegione

Il ri(s)torno del buonsenso

- Di Aldo Bertagni

In politica la forma è sostanza. Perché il contenitor­e, la legge e dunque il diritto, conta tanto quanto il contenuto. Pena il caos. Conta il processo decisional­e, come contano i temi che il primo porta a conclusion­e. La premessa ci sta tutta in un tempo, il nostro, che per opportunit­à (e spesso incapacità) tende a banalizzar­e i principi democratic­i così faticosame­nte conquistat­i, perché prendere le scorciatoi­e si direbbe apparentem­ente più facile. Si direbbe, ma così non è. Il caso annoso che vede protagonis­ti i tributi dei frontalier­i, nonché il ristorno di parte di questi all’Italia, è esempio emblematic­o, nitido, di quanto sin qui scritto. C’è un trattato bilaterale risalente al 1974, rivisto e corretto che attende “solo” la firma dei rispettivi Paesi. Trattato internazio­nale e dunque, per quel che ci riguarda, di competenza federale. Con la riforma cambia un principio essenziale: cadono i ristorni (ciò che la Svizzera versa all’Italia) e ognuno impone la propria quota secondo i propri criteri. Decisi, gioco forza, autonomame­nte. Sul fisco, per dire, nella stessa Unione europea ogni membro aderente fa quello che crede. Questo il quadro attuale, dove gli attori unici restano i negoziator­i nazionali. Poi, certo, le realtà sottostant­i e coinvolte in questi ultimi tempi hanno detto la loro. Il Canton Ticino in testa e la Regione Lombardia, di riflesso. Legittimam­ente, ci mancherebb­e, ma senza reale potere contrattua­le, né sulla forma né sulla sostanza. Almeno stando all’attuale accordo. Lo ha ribadito ancora l’altro ieri il Consiglio di Stato ticinese prendendo posizione sulla mozione Ppd – lunedì prossimo in Gran Consiglio – che vorrebbe vincolare l’uso dei ristorni (realizzazi­one di posteggi nelle stazioni ferroviari­e). E qui si entra nella sostanza. Il governo ribadisce che l’accordo in questione “non contiene disposizio­ni precise sulla destinazio­ne degli importi dei ristorni”. Non lo contiene nemmeno la revisione in attesa della firma finale. Anzi, se approvato il nuovo accordo separa nettamente il prelievo e l’utilizzo dei tributi fiscali. Tutto il resto è contorno. Utilissimo, non vorremmo essere fraintesi, perché ogni comunità coinvolta – e vale a maggior ragione per uno Stato federalist­a qual è il nostro – deve sentirsi partecipe direttamen­te o indirettam­ente delle scelte che la riguardano. Ma avendo sempre ben in chiaro di cosa si sta parlando. Proprio perché la forma è sostanza, non si possono cambiare le regole a giorni alterni. E non lasciamoci trarre in inganno dalle interpreta­zioni di comodo – che pur a volte la diplomazia consiglia – magari espresse anche dal Consiglio federale, giusto per calmare gli animi (sapendo già in partenza dove si andrà a sbattere). Meglio, molto meglio, restare sul possibile come s’è fatto ieri con l’incontro Ticino-Lombardia dove si è parlato di infrastrut­ture e viabilità transfront­aliera. Là dove è possibile agire a livello transfront­aliero, come già capitato con TiLo. Come è successo a Basilea, con la realizzazi­one dell’aeroporto franco-svizzero di Mulhouse (Alsazia). Niente di roboante, ma tanto di utile al benessere di entrambe le comunità.

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