‘Con la Flat tax il nuovo regime fiscale dovrà essere applicato ai frontalieri’
Con il governo giallo-verde (M5S e Lega) l’accordo parafato nel 2015 da Italia e Svizzera sul nuovo sistema fiscale per i lavoratori frontalieri può diventare carta straccia. Il “Contratto per il governo del cambiamento” firmato da Luigi Di Maio e Matteo Salvini al punto 11 relativo al Fisco prevede la “Flat tax”. Il nuovo regime fiscale prevede due aliquote fisse al 15 per cento e al 20 per cento per persone fisiche, partite Iva, imprese e famiglie. Con la Flat tax saranno gli stessi frontalieri a chiedere di pagare le tasse in Italia, così come prevede l’accordo parafato nel dicembre 2015. Un accordo che, ricordiamo, contempla un incremento delle tasse pagate dai frontalieri, soprattutto per quelli con redditi più alti, tanto che i lavoratori occupati in Svizzera, cominciando dai dipendenti delle aziende ticinesi (oltre 60mila), non hanno mai visto con favore l’accordo che Berna continua a premere perché sia firmato, mentre Roma non è dello stesso avviso. Non lo era con il governo Gentiloni, ancora in carica per l’ordinaria amministrazione, in attesa del governo Conte. A maggior ragione non lo è con la maggioranza giallo-verde. Soprattutto la Lega che ha puntato molto sull’espulsione di 500mila migranti e sulla Flat tax. Vieri Ceriani, il capo negoziatore, braccio destro del ministro delle Finanze Padoan, non si sbilancia su cosa sarà dell’accordo parafato nel dicembre 2015, anche perché con il nuovo governo sarebbe in uscita dagli organismi governativi: «È evidente che se dovesse essere adottata la Flat tax, il nuovo regime fiscale dovrà essere applicato anche ai frontalieri». C’è, quindi, la possibilità di dover riprendere tutto da capo. Iniziando dai ristorni dei frontalieri, destinati ai comuni italiani di frontiera, tornati ad essere materia calda dopo la proposta di vincolarne una parte, per finanziare la realizzazioni di alcune infrastrutture (statale 34 Lago Maggiore e statale 337 Valle Vigezzo). Chi li finanzierà? Sembra comunque superata la lettera che Alessandro Fermi, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, ha inviato ai presidenti del Senato e della Camera invitandoli a adoperarsi per evitare la ratifica dell’accordo parafato nel 2015.