L’accesso ancora chimera
I banchieri ribadiscono l’urgenza di accordi di mercato con l’Unione europea La gestione patrimoniale è una vera e propria industria d’esportazione. Servono intese con in vicini più prossimi.
Lugano – Il tema dell’accesso al mercato europeo e, più in generale, delle relazioni tra la Svizzera e l’Unione europea è stato al centro della terza edizione del ‘Private banking day’, tenutosi ieri a Lugano e organizzato congiuntamente dall’Associazione delle banche private svizzere (Abps) e dall’Associazione di banche svizzere di gestione patrimoniale e istituzionale (Abg). La gestione patrimoniale privata e istituzionale, cui si deve oltre il 50% dei ricavi del settore svizzero bancario, ha la peculiarità ancora poco nota di essere un’attività vocata all’esportazione. In effetti, i servizi offerti sono prodotti in Svizzera e destinati a una clientela che per i due terzi risiede all’estero, principalmente in Europa. Ecco perché, nel corso della sua relazione introduttiva, Yves Mirabaud, presidente Abps, ha insistito sull’importanza delle buone relazioni tra Svizzera e Ue, ponendo l’accento sulla necessità di poter disporre di un accesso attivo e senza ostacoli al mercato dell’Ue: «Da ciò dipende la capacità delle banche di esportare i propri servizi, mantenendo posti di lavoro ed entrate fiscali in Svizzera», ha precisato. Per raggiungere un tale obiettivo, Mirabaud ha presentato diversi scenari possibili, dagli accordi bilaterali con certi Paesi, all’accordo, ancora ipotetico,
sui servizi finanziari con l’Ue, passando per le procedure di equivalenza, quando queste sono previste dal diritto europeo. Jeroen Dijsselbloem, già presidente dell’Eurogruppo e ministro delle finanze dei Paesi Bassi fino alla fine del 2017, ha esposto il suo punto di vista sull’evoluzione futura del mercato finanziario europeo. Un mercato al centro dello scontro tra diverse forze politiche: quelle che propongono un accentramento delle competenze, se non addirittura la creazione di nuove barriere verso i Paesi extra-Ue, quelle che invocano il ritorno alle prerogative nazionali degli Stati membri dell’Ue e quelle che perseguono una politica di competitività basata su mercati aperti. Jeroen Dijsselbloem ha evocato inoltre le ripercussioni che tali politiche hanno sui Paesi terzi, come la Svizzera, e inviato a quest’ultima un monito. «Indipendentemente dall’esito di tale processo e considerata la presa di coscienza che ha fatto seguito alla Brexit, la politica finanziaria dell’Ue avrà un impatto certo per i Paesi terzi che, come la Svizzera, intendono interagire maggiormente con essa», ha affermato. In seguito il Consigliere federale Ignazio Cassis, capo del Dipartimento federale degli affari esteri, ha tracciato le grandi linee della politica europea del Consiglio federale. Ha spiegato tra l’altro che la questione dei servizi finanziari non sarà regolata direttamente con l’Ue bensì con i suoi membri. Ignazio Cassis ha affermato: «Il Consiglio federale è pienamente cosciente che la gestione patrimoniale rappresenta un settore d’esportazione chiave per la Svizzera e s’impegna per trovare le migliori soluzioni possibili, in particolare per quanto concerne i servizi finanziari transfrontalieri». La discussione è continuata nell’ambito di una tavola rotonda cui hanno preso parte Christian Vitta, Consigliere di stato e direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia del Canton Ticino, Yves Nidegger, Consigliere nazionale Udc Ginevra, Alberto Petruzzella, presidente dell’Associazione bancaria ticinese, e John Williamson, presidente del Cda di Efg International. Nella sua conclusione, Marcel Rohner, neo presidente dell’Abg, ha ricordato come la Svizzera si è adeguata alle norme internazionali ed europee e per questo si attende dall’Ue un approccio più pragmatico.