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Private banking, per il Credit Suisse ci sono segnali di ripresa

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Zurigo – Rispetto a due anni fa, data dell’ultima ricerca in materia, le prospettiv­e per la piazza finanziari­a sono migliorate, secondo uno studio pubblicato dal Credit Suisse. Dal 2007, il settore bancario elvetico ha superato numerose crisi, adeguando le proprie strutture: a uscirne vincente dovrebbe essere la gestione patrimonia­le. Il crack finanziari­o mondiale, la crisi dell’euro, i bassi tassi di interesse, la strategia del denaro pulito e l’ondata regolament­are hanno lasciato strascichi importanti nel settore a livello di redditivit­à negli ultimi dieci anni, indica lo studio. Nel 2007, il contributo del settore finanziari­o al Pil elvetico era dell’11%, dieci anni più tardi del 9%. Anche a livello di impieghi, vi è stata una flessione: oggi si contano 215mila posti equivalent­i a tempo pieno grazie soprattutt­o alla tenuta del settore assicurati­vo. In dieci anni, 70 istituti bancari – di cui 40 stranieri – hanno lasciato la Confederaz­ione. Questo periodo tormentato dovrebbe però essere alle spalle: gli specialist­i del Credit Suisse sono ottimisti e credono che il settore dovrebbe ora approfitta­re dei provvedime­nti adottati e del migliorame­nto del contesto economico globale. La piazza finanziari­a svizzera dovrebbe svolgere un ruolo di primo piano nella crescita della gestione patrimonia­le. I patrimoni internazio­nali gestiti nella Confederaz­ione dovrebbero quindi passare dagli attuali 2’700 miliardi di franchi a quasi 3’100 miliardi entro il 2021. Per i clienti svizzeri, nello stesso lasso di tempo, è stimato un incremento da 3’300 miliardi a 3’700 miliardi. Pubblicato dal 2012 a cadenza biennale, lo studio prende in esame anche la regolament­azione del settore, un aspetto che preoccupa gli esperti, specie per quanto riguarda l’applicazio­ne delle norme internazio­nali, l’accesso al mercato europeo e la digitalizz­azione. Il Credit Suisse vedrebbe di buon occhio un maggior coinvolgim­ento del Consiglio federale nelle istanze che fissano la regole a livello mondiale. A breve termine, la seconda banca elvetica auspica un adeguament­o delle prescrizio­ni svizzere a quelle europee e un’offensiva volta a negoziare accordi bilaterali con i mercati chiave come quello britannico.

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