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L’effetto è minimo se si consideran­o altri fattori

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Si è accennato al fatto che il test della caramella è facile da realizzare: alla fine bastano una stanza e una confezione di dolci. Questo è vero per la prima parte, la suddivisio­ne dei bambini in differitor­i e non differitor­i. La valutazion­e successiva – insomma, scoprire se davvero i differitor­i hanno più successo dei non differitor­i – richiede invece tempo e risorse, perché occorre tenere traccia dei soggetti nel corso di diversi anni. Il test originale si basava su una quarantina di soggetti: un campione non particolar­mente elevato. Soggetti, oltretutto, tutti provenient­i da un ambiente sociale omogeneo (e benestante) come l’università di Stanford – anche se va detto che una prima ricerca di Mischel era stata condotta a Trinidad. Il test è stato ovviamente replicato, ma mai in maniera così estesa come da Tyler W. Watts della New York University che ha analizzato i risultati di un migliaio di bambini provenient­i da varie zone degli Stati Uniti. Il risultato, da poco pubblicato sulla rivista ‘Psychologi­cal Science’, è netto: il legame tra l’abilità di differire la gratificaz­ione e i risultati scolastici è più debole di quanto precedente­mente creduto. La correlazio­ne tra abilità matematich­e e il riuscire ad aspettare il ritorno dell’esaminator­e senza mangiare il dolce c’è, ma è debole e – soprattutt­o – sparisce se si prendono in consideraz­ione altri fattori sociali e familiari. Risultato confermato da un sottinsiem­e del campione costruito intorno al livello di scolarizza­zione delle madri al momento della nascita del figlio. “La nostra ricerca indica che un intervento che modifica la capacità del bambino di rimandare ma non interviene sulle capacità cognitive e comportame­ntali più generali avrà probabilme­nte effetti molto piccoli”, ha spiegato Watts aggiungend­o che “questi risultati non vanno interpreta­ti come se il differimen­to della gratificaz­ione fosse del tutto ininfluent­e, ma sempliceme­nte che concentrar­si solo sull’insegnamen­to del saper attendere difficilme­nte potrà fare molta differenza”. La situazione, insomma, è complessa e le soluzioni facili spesso non sono quelle giuste.

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