Marina Masoni: non è tutto bianco ciò che sembra
Alzo lo sguardo dalle notizie della settimana e sulla parete del mio ufficio intravvedo il premio “La scarpetta” del 2007, attribuito al miglior carro allegorico ticinese. L’occasione per vincerlo fu fornita da Marina Masoni e dalla sua famiglia. La Franconi Ghellit, intitolò quel soggetto “Marinet tut net”, evocando le proprietà di una speciale confraternita della saponetta – Marinet appunto – capace di trasformare fatti illegali, legati ad esempio all’evasione fiscale, in bianca freschezza e candida purezza. Quei simpatici ricordi si confrontano con le notizie di prima pagina dei quotidiani ticinesi dello scorso 23 maggio. Dopo 11 anni, Marina Masoni – presidente di Ticino moda – ripropone la sfilata del “libro bianco”: uno spassionato inno al liberismo e allo sgravio fiscale incondizionato. Bianco su bianco, come le 200 rose regalate dallo stilista Philip Plein (PP) al Sindaco di Lugano Marco Borradori per averlo difeso in seguito al controllo degli ispettori del lavoro presso la sua sede luganese. Le critiche della Signora Masoni a PP e l’invito al rispetto delle regole del gioco stridono. Da che pulpito. Marina Masoni rimase tre legislature in Consiglio di Stato. L’ultima fu per lei fatale; sebbene nel 2007 il Plr la ripropose in lista alle elezioni, malgrado uno scandalo fiscale, perse da Laura Sadis eletta al suo posto. Il tutto va ricondotto alle attività della fondazione Villalta nel Liechtenstein e nel Canton Svitto, ridotta frettolosamente dai (...)
(...) Masoni a questioni “di famiglia” ma che nel 2011 il Tribunale Federale (Tf) definì non conformi alla legge Svizzera. Oltre all’incasso di parcelle dello Studio Masoni per alcuni milioni non dichiarati al fisco cantonale, la Fondazione Villalta aveva finanziato la campagna elettorale di Marina Masoni. Nulla di tutto ciò, secondo il Tf, era conforme alla legge. La famiglia dei Masoni dovette riconoscere le pretese finanziarie del fisco ticinese. Ma c’è di più. Nel 2011 il consiglio di Stato sollecitò Marina a restituire l’archivio di proprietà dello Stato che s’era portata a casa. La pretura di Bellinzona, nel 2014, affermò che il possesso dei documenti era “clandestino ed equivoco” e tre anni fa, Marina Masoni ha restituito l’archivio al Cantone. Se e quali documenti si siano eventualmente volatilizzati lungo il tragitto non si sa. Oggi la saponetta del tempo sembra aver sbiancato il passato politico della exConsigliera di Stato, conferendole slancio, candore e una rinfrescata autorevolezza. La politica latina, bagnata nella cultura cristiana, è incline al perdono. Al Sud, nelle stanze dei confessionali politici, si lava ogni male e si restituisce l’integrità. Succede anche in Ticino, dove ad esempio chi ha dovuto lasciare una carica istituzionale a causa di uno scandalo fiscale viene rivestito di una prestigiosa carica e si permette d’impartire, come se nulla fosse, lezioni e consigli politici in ambito fiscale. Al di là dal proprio credo, a quella latina preferisco la cultura politica anglosassone, meno incline allo smemorato perdono e dove chi sbaglia è bandito per sempre dalla scena politica.