Chiarire le differenze tra sperimentazione e ‘Scuola che verrà’
Ha ragione Franchino Sonzogni (v. laRegione di martedì 5 maggio). Il referendum sulla scuola, promosso dall’Udc e sostenuto dal Mattino della domenica, non è contro “La scuola che verrà”. È contro la sperimentazione decisa dal Gran Consiglio, che è assai diversa dal progetto dipartimentale, dal momento che prevede anche la possibilità di suddividere gli allievi secondo i loro interessi e le loro potenzialità, e non solo allo scopo di creare per forza gruppi eterogenei che seguano programmi identici. Vuole infatti “mettere alla prova” sì il progetto dipartimentale, ma anche uno ad esso alternativo, proposto dal Plr (e in parte dal Ppd). Purtroppo, del progetto alternativo più nessuno parla. I referendisti trovano infatti più comodo ‘sparare’ sul progetto dipartimentale, accusandolo di essere intriso di ideologia socialista e di mirare all’egualitarismo, senza preoccuparsi del possibile livellamento verso il basso. Meno ancora parla dell’alternativa il Decs, che già ha accettato solo ‘obtorto collo’ di inserirla nella sperimentazione. Affinché non prevalga la disinformazione criticata da Sonzogni, è quindi necessario che, in vista della votazione, i partiti che hanno sostenuto la soluzione adottata dal Gran Consiglio chiariscano bene la differenza netta fra la sperimentazione che si propone di attuare e “La scuola che verrà”, e soprattutto chiariscano che l’eventuale accettazione della prima non prelude necessariamente all’adozione della seconda. Occorre cioè evitare che il cittadino voti su una cosa pensando che si tratti dell’altra!
Franco Celio, deputato Plr